S_CAROGNE

Facciamo finta che


Diciamo la verità:  sarebbe carino se almeno una volta al mese io riuscissi a scrivere un post ordinario, magari vezzosamente tenero, in cui vi parlo della mia quotidianità senza fare ricorso  a metafore che rimandino a turpi realtà colme di sfighe.Non pretendo di essere felice, per carità, gradirei solo essere leggermente più normale. Ma evidentemente non è nel mio karma.  Facciamo finta che.Lavoro: Ieri la mia Direttrice di Istituto mi ha accordato ben volentieri il permesso di seguire un corso a cui tengo particolarmente. Abbiamo colto l’occasione per intavolare una interessante discussione sui miglioramenti cui è andato incontro lo Statuto dei Lavoratori: sono stata fortunata, è entusiasmante lavorare in un contesto intellettualmente vivido. Il lavoro è una delle cose che più nobilita l’uomo. Amicizia:Ho trascorso una magnifica serata bevendo vino in compagnia di persone speciali che spero di rivedere presto. L’incontro è stato combinato da Erba e Congus e mi commuove vedere quanto i miei amici si impegnino per movimentare la mia vita sociale. Senza amici nessuno sceglierebbe di vivere anche se avesse tutti gli altri beni. Famiglia:E’ sempre bello apprezzare il contesto familiare di reciproca comprensione in cui sei vissuta e che ha contribuito a fare di te la Donna che sei diventata, nel rispetto delle persone più anziane cui siamo eternamente debitori. La famiglia è la patria del cuore. Suvvia, siamo seri.Lavoro:Parlare con il suoro di diritti dei lavoratori equivale a parlare di metodi contraccettivi col Papa, perciò la colluttazione fisica viene evitata per un soffio. Nel devastante dialogo che precede le reciproche minacce le due attrici protagoniste arrivano ad urlarsi vicendevolmente di tutto. Tra le altre cose spicca il gentile invito rivolto a Sara a recarsi in regioni africane (Ghana, per la precisione) che sembrerebbero particolarmente favorevoli all’estinzione di precari particolarmente stracciaovaie. (Non è una metafora, mi ha davvero detto: “Vada a farsi un giro in Ghana dove i diritti civili  non esistono”). Amicizia:Una serata qualsiasi con Congus ed l’epato-tossico Jay. Luogo del misfatto: Congusmobile verso cui il proprietario prova un sentimento amoroso di particolare intensità.Sara vuole fumarsi un sigaro ma non ha l’accendino così ha la pessima idea di chiederlo a Jay. Jay tira fuori dalla tasca una sorta lanciarazzi in miniatura, accende il sigaro e la fiamma annerisce la volta dell’abitacolo. Puzzo di capelli bruciati di Sara, tosse stizzosa di Jay. Congus posseduto dal demonio inveisce contro l’intera umanità, scarica Sara e l’epato-tossico a circa 2 chilometri dalla abitazione della scrivente e riparte sgommando. Famiglia:Interpreti: la Zia, Sara e la ciotola del gatto. La scivolosa ciabattata dell’anziana pia donna viene bruscamente interrotta dall’inatteso incontro con la ciotola del gatto. La Zia esegue un salto carpiato all’indietro e giace al suolo. Sara accorre immediatamente sul luogo dell’incidente. La prima domanda rivolta alla poverina non è, come sarebbe logico supporre, “ti sei fatta male?”, bensì “Zia ti prego rispondimi: ti ricordi come è successo?”. Ottenuta la rassicurante risposta negativa Sara provvede prontamente ad imboscare la ciotola e a ricostruire una versione dei fatti che preveda l’impossibilità da parte della Regina Madre di far ricadere la colpa del fattaccio sul felino.Ecco.