Domenica 10 febbraio 2008ore 19.31 A volte capita che si abbia voglia di rigirare la clessidra seguendo poi il percorso di un granello; di quella parte di te che, forse, il tempo non ti ha portato via.E’ iniziata così questa giornata. Dopo aver avvisato parentame, amici e uomo che non sarei stata reperibile causa “ ’zzi miei ”, io ed il mio bolide rosso margot (leggi twingo color melanzana immatura) partiamo per un viaggio a ritroso nei lustri. Unico scopo ripercorrere parte della matassa senza desiderio di arrivare al bandolo, ma con la speranza di perdersi un po’.Si va! Cernita musicale d’occasione, “i miei 1995-2000”. Si comincia con Ok Computer, Radiohead.Oggi vengo a cercarti. Non sarà semplice, lo so, ma mi hai lasciato un filo lungo, tutto sta a seguirlo. Tenterò. Evitando di inciampare nelle pozzanghere del mio labirinto. PRIMA TAPPA: la vecchia casa di famiglia. Arrivo lì per le undici. Lo sapevi che è stata venduta? Trovo il nuovo proprietario. Mi fa entrare. E’ vuota, invecchiata, ma intatta. Il tizio mi spiega che gli è costato troppo comprarla e per restaurarla dovrà aspettare. Esco in giardino. L’erba è alta, gli aranci trascurati. Il glicine, però, resiste! Ti ricordi il giardiniere? Credo si chiamasse Vito. Non ci sono più i gatti. “O Regina, Reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la fede, con l’anello, con la punta del coltello?...”, facevi fare sempre dieci passi da formica a chi ti stava antipatico! Vengo verso il pollaio, ormai cadente; ti cerco dietro le colonne, non ti trovo. Ringrazio, saluto e vado via. SECONDA TAPPA: mare. Comincio ad avere un po’ di fame. Vado a fare un panino al solito alimentari, tappa fissa al termine delle mattinate di piena estate. Da piccola sceglievi sempre il Fior di Fragola; più in là, diciottenne negli ultimi ritagli di adolescenza, era rosetta appena sfornata con “mortazza” e dreher ghiacciata!Io mi mantengo leggera, panino mozzarella-pomodoro e acqua (non ho più lo stomaco di un tempo!). Mangio con calma, cullata dal sole, dal riverbero dei raggi sulle onde e sulla mia pelle.Mi rimetto in cammino, Arrivo al bagno delle suore. Le Marcelline, già. Quell’ accesso al mare è ancora riservato a loro. Noi aspettavamo che andassero via per impadronircene. Entrare in acqua da lì era più comodo. E la notte, poi! Se quel posto potesse parlare! Scommetto che le tue mani portano ancora i segni della gabella pagata agli scogli perché ti nascondessero mentre, titubante, scambiavi i primi baci. Sorrido e provo a trovarti. Non ci sei. TERZA (ED ULTIMA) TAPPA: la tua casa, il tuo paradiso. L’hai sempre chiamato così. Troppi gli angoli dove cercarti e, allora, salgo in terrazza, mi fermo e aspetto che sia tu a venire da me. Rimango lì finché il ponente non fa capolino tra le fronde dei pini e, appiattendo il mare all’orizzonte, mi bisbiglia all’orecchio che non verrai. Riprendo il bolide. Ritorno a casa. Musica diversa, non più di ieri; Riot On An Empty Street, King of Convenience, iniziamo dal terzo brano. Non ti ho trovato, ma rientro ugualmente soddisfatta.Faccio una doccia. Lo specchio è appannato dal vapore, eppure… non sperare di avermi fregato! Eri lì, ti ho visto!Con la coda dell’occhio, nel mio stesso occhio.Sei venuta in un lampo e così sei andata via. Ma in quel lampo le molliche raccolte in questa giornata mi hanno ricondotto a me, a te, bambina, adolescente, donna… ancora (solo) figlia.Sapevo che c’eri. Ho fatto appena in tempo a dirti: “Lo sai che saremo madre? Ammetto, ho paura!”.E tu, ridendo forte mi hai risposto: “E’ dai sedici anni che ti consiglio di tenere le gambe chiuse, troia!”.Lo sguardo fermo, chiaro a reggere le mie paure, a suggerire “dai, andrà bene anche stavolta!”, poi sei sparita.E così, sono entrata nella diciassettesima settimana.Domani ritorneranno cinismo e auto-ironia, bastone e scudo del vivere quotidiano.
Quando il cinismo prende un giorno di ferie
Domenica 10 febbraio 2008ore 19.31 A volte capita che si abbia voglia di rigirare la clessidra seguendo poi il percorso di un granello; di quella parte di te che, forse, il tempo non ti ha portato via.E’ iniziata così questa giornata. Dopo aver avvisato parentame, amici e uomo che non sarei stata reperibile causa “ ’zzi miei ”, io ed il mio bolide rosso margot (leggi twingo color melanzana immatura) partiamo per un viaggio a ritroso nei lustri. Unico scopo ripercorrere parte della matassa senza desiderio di arrivare al bandolo, ma con la speranza di perdersi un po’.Si va! Cernita musicale d’occasione, “i miei 1995-2000”. Si comincia con Ok Computer, Radiohead.Oggi vengo a cercarti. Non sarà semplice, lo so, ma mi hai lasciato un filo lungo, tutto sta a seguirlo. Tenterò. Evitando di inciampare nelle pozzanghere del mio labirinto. PRIMA TAPPA: la vecchia casa di famiglia. Arrivo lì per le undici. Lo sapevi che è stata venduta? Trovo il nuovo proprietario. Mi fa entrare. E’ vuota, invecchiata, ma intatta. Il tizio mi spiega che gli è costato troppo comprarla e per restaurarla dovrà aspettare. Esco in giardino. L’erba è alta, gli aranci trascurati. Il glicine, però, resiste! Ti ricordi il giardiniere? Credo si chiamasse Vito. Non ci sono più i gatti. “O Regina, Reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello con la fede, con l’anello, con la punta del coltello?...”, facevi fare sempre dieci passi da formica a chi ti stava antipatico! Vengo verso il pollaio, ormai cadente; ti cerco dietro le colonne, non ti trovo. Ringrazio, saluto e vado via. SECONDA TAPPA: mare. Comincio ad avere un po’ di fame. Vado a fare un panino al solito alimentari, tappa fissa al termine delle mattinate di piena estate. Da piccola sceglievi sempre il Fior di Fragola; più in là, diciottenne negli ultimi ritagli di adolescenza, era rosetta appena sfornata con “mortazza” e dreher ghiacciata!Io mi mantengo leggera, panino mozzarella-pomodoro e acqua (non ho più lo stomaco di un tempo!). Mangio con calma, cullata dal sole, dal riverbero dei raggi sulle onde e sulla mia pelle.Mi rimetto in cammino, Arrivo al bagno delle suore. Le Marcelline, già. Quell’ accesso al mare è ancora riservato a loro. Noi aspettavamo che andassero via per impadronircene. Entrare in acqua da lì era più comodo. E la notte, poi! Se quel posto potesse parlare! Scommetto che le tue mani portano ancora i segni della gabella pagata agli scogli perché ti nascondessero mentre, titubante, scambiavi i primi baci. Sorrido e provo a trovarti. Non ci sei. TERZA (ED ULTIMA) TAPPA: la tua casa, il tuo paradiso. L’hai sempre chiamato così. Troppi gli angoli dove cercarti e, allora, salgo in terrazza, mi fermo e aspetto che sia tu a venire da me. Rimango lì finché il ponente non fa capolino tra le fronde dei pini e, appiattendo il mare all’orizzonte, mi bisbiglia all’orecchio che non verrai. Riprendo il bolide. Ritorno a casa. Musica diversa, non più di ieri; Riot On An Empty Street, King of Convenience, iniziamo dal terzo brano. Non ti ho trovato, ma rientro ugualmente soddisfatta.Faccio una doccia. Lo specchio è appannato dal vapore, eppure… non sperare di avermi fregato! Eri lì, ti ho visto!Con la coda dell’occhio, nel mio stesso occhio.Sei venuta in un lampo e così sei andata via. Ma in quel lampo le molliche raccolte in questa giornata mi hanno ricondotto a me, a te, bambina, adolescente, donna… ancora (solo) figlia.Sapevo che c’eri. Ho fatto appena in tempo a dirti: “Lo sai che saremo madre? Ammetto, ho paura!”.E tu, ridendo forte mi hai risposto: “E’ dai sedici anni che ti consiglio di tenere le gambe chiuse, troia!”.Lo sguardo fermo, chiaro a reggere le mie paure, a suggerire “dai, andrà bene anche stavolta!”, poi sei sparita.E così, sono entrata nella diciassettesima settimana.Domani ritorneranno cinismo e auto-ironia, bastone e scudo del vivere quotidiano.