S_CAROGNE

L'educazione sentimentale


 Qui come la fai la sbagli. Ultimamente è più facile ascoltare una critica distruttiva che discutere di un'opera, sia essa letteraria o cinematografica. Anzi, se proprio lo dobbiamo dire, perché si scrive? Perché si scrivono libri, musiche, canzoni, poesie? Tanto tutto è stato già detto, in mille forme, modi e lingue… Ma certo, banalizziamo tutto, si fa prima. Amore, ti amo, ti ricordo, quel tuo bacio… se queste cose sono dette in modo piano stiamo ascoltando il Festival di Sanremo, ma se si dice “t’amo t’amo ed è continuo schianto” ci vengono i brividi… Quindi non sono la storia, la trama e il plot il problema, ma forse come viene narrata la vicenda. A volte leggo anche le recensioni di Sara e penso: non mi importa particolarmente del cristo che la serpe ha preso di mira, ma, che diamine, un po' di rispetto per uno che comunque ha lavorato… E poi, diciamolo, detta così anche l'amore è banale: lei, lui, i sogni, il quotidiano, i figli, la vacanza, i fondi pensione… O no? Forse no: non sempre tutto è già deciso... Ho letto un libro, dalle tinte di un quadro di Monet, che farei leggere a scuola. Sì, perché i temi dell'affettività e della sessualità devono essere affrontati e a mio avviso il modo migliore per farlo è dire “non abbiamo nulla da insegnare, si impara sul campo, o più semplicemente si affrontano questioni”. Probabilmente ognuno ricorda come ha imparato a leggere o a scrivere, ma è impossibile isolare un momento della nostra esistenza in cui abbiamo imparato ad amare. La nostra capacità di amare e il nostro rapporto con la sfera sessuale credo siano piuttosto il risultato parziale e in divenire di eventi apparentemente insignificanti che si sommano, si intralciano, si sovrappongono. Ovviamente parliamo di un ambito in cui nulla si può imparare a tavolino e dove tutto dipende dalla nostra interazione con altri individui, a partire dalla famiglia e dai primi amichetti. Non basta dire: “Sono cresciuta in una famiglia dove non vi erano tabù” o, al contrario: “Ho imparato tutto da sola” e non costituiscono un punto a proprio favore la lettura di Erica Jong o i sabato sera trascorsi con amiche fidate a raccontarsi tutto, anche a vedere film porno. L'argomento è di quelli dove non si può essere preparati né impreparati. In certi casi si collezionano esperienze diverse con altrettanti individui, più raramente si incontra una persona con la quale si compie un lungo percorso. Il risultato, comunque, non è mai raggiunto, perché non parliamo di gratifiche di fine anno, ma di appagamento, di turbolenta quiete, di equilibri che non devono risultare sinonimo di tranquillità, anticamera della noia, quanto piuttosto di pienezza. Per queste ragioni mi è piaciuto il libro di Ian McEwan, Chesil Beach, scritto in modo godibile e pacato. Il sesso e l'amore non sono dipinti come paradisi in Terra, come ovvie conseguenze della crescita, come tappe necessarie dell'età adulta, bensì per quello che sono. Sacri misteri. Ai quali ci si accosta intrisi di segni lasciati nel nostro animo da episodi della nostra infanzia, dai nostri primi fortuiti rapporti con l'altro sesso, dalla nostra più o meno evidente goffaggine adolescenziale, dalle nostre letture. E capita, allora, di amare qualcuno, profondamente, ma di averlo stabilito senza prima aver ascoltato il parere congiunto di Ego, Es e Super-Ego. Le pagine in cui Florence e Edward sono chiamati a consumare il loro matrimonio propongono in maniera spontanea ansie e dubbi di chiunque si accinga a praticare il sesso la prima volta. Vari sono gli elementi che concorrono a turbare il lieto fine, tra cui la propria sopravvivenza come individui, un passo oltre le aspettative che la società ripone in un uomo e una donna brillanti e innamorati. La conoscenza dell'altra non è mai totale, e non può esserlo, ma i due protagonisti l'avevano considerata una implicita conseguenza dell'affetto e della stima. Rabbiosamente prendono atto della frattura interna alla propria relazione, della quale entrambi sono imputabili. Solo le ultime pagine non mi sono piaciute, perché lasciano intendere che un solo gesto avrebbe potuto colmare la distanza tra i due. Ma questo io non lo credo.