S_CAROGNE

Il buio oltre la siepe


 Lui, che potrebbe chiamarsi Marco o Paolo, è un uomo di trentadue anni, forse trentaquattro, improvvisamente colto da una strana sindrome. Pur conducendo una esistenza definita normale dal suo entourage, pur essendo simpatico e appagato dal lavoro e dal sesso, è impossibilitato a uscire dal negozio situato in fondo alla strada. O forse un ufficio, o un'auto. Il fatto importante è che in quel negozio, o in quell'ufficio, o in quell'auto, c'è una donna che non può annoverare tra i suoi affetti, non essendo una fidanzata o una amica o una parente, con la quale ha conosciuto il senso della comunicazione. Quella fatta di scambi, di silenzi e di sguardi, oltre che di parole e risate o discussioni. Con lei non è importante scegliere un argomento, perché riescono a trascorrere ore insieme pensando che siano minuti. Marco (o Paolo) è turbato dal fatto che lo sorprende sempre più spesso l'ansia non appena lo squillo del telefono o un rumore improvviso gli ricordano che il suo posto è il pianeta Terra. Lui sta così bene lì, con lei, e ritiene il mondo fuori da quella stanza crudele, o almeno dissennato. Loro non hanno fretta, piuttosto hanno bisogno di calma. Di progetti e di ricordi hanno gli armadi pieni. Il caso li ha fatti incontrare e loro sanno godere dell'inaspettata possibilità di riassaporare una sensazione paragonabile a quella da sospensione nel liquido amniotico, avulsa da critiche, giudizi e necessarie prestazioni sessuali o intellettuali. Marco (o Paolo) teme che un giorno il negozio possa chiudere, mentre la donna è consapevole del fatto che un giorno lui non andrà a trovarla. Ma di questo non parlano. Non avrebbe senso farlo, dato che non hanno obblighi reciproci, e hanno deciso di non addomesticarsi per lasciare fluire liberi i loro pensieri. Per evitare che aspettative, paure e gelosie invadano i loro pomeriggi fatti di nulla, forse, ma capaci di rendere sopportabile la teoria di convenzioni e doveri cui la vita quotidiana li chiama. A volte lui si ferma, con la mano sulla maniglia, e la saluta. Ma non apre la porta, sta troppo bene lì dov'è. Le chiede di aspettare, le sorride sapendo che anche per lei è presto. Domani non finiranno i discorsi iniziati, perché loro non ne hanno mai finito uno. Non hanno fretta, nel loro bozzolo il tempo non fa paura.