S_CAROGNE

Godi fanciullo


(stagion lieta è codesta) Il limaccioso torrente di rivolta si è improvvisamente estinto. L’aver trascorso un periodo di praticantato in una azienda atta alla fabbricazione dello schiavo moderno (il suoro) mi ha automaticamente posta sul gradino più alto su cui potrebbe mai salire una sfigatissima precaria. Proviamo a capire l’erronea equazione che mi vede protagonista. Il suoro è una delle figure più rinomate nel suo campo, Sara ha lavorato con il suoro, indi Sara viene (erroneamente) creduta colta, professionale e (persino) eccezionalmente competente. Ah ah. Divertente. Tenendo a bada la mia maledetta linguaccia che mi porterebbe volentieri a disquisire efferatamente di qualsiasi fenomeno naturale e artificiale accada in dipartimento (e che renderebbe subito palese la mia socratica ignoranza), inerpicandomi acrobaticamente sugli specchi, sono finora riuscita a non sfatare questo equivoco intellettuale che, attualmente (diciamolo), mi torna particolarmente comodo. Il mio Prof. diretto superiore è inspiegabilmente gentile. Passati i primi giorni di perplessa dubbiosità mi sono negligentemente adagiata su questo gaudente triclinio lavorativo sorseggiando con voluttuosità il caffè che la giovane dottoranda (anni luce più in gamba di me) si prende la briga di depositare ogni giorno sulla mia scrivania. Il Direttore di dipartimento non ha ancora imparato ad accorrere con solerzia ai miei richiami e per ora non mi interpella come sarebbe giusto facesse (desidererei un campanello per sollecitare la sua presenza al mio cospetto e qualche garbata formuletta lessicale in risposta da parte sua del genere: “ha chiamato, Signora?”) ma nutro la speranza di convincerlo prima o poi ad offrirmi il posto che la mia amplissima persona merita. Questo per dirvi che il mi ego sta attraversando un periodo di particolare floridezza che fino a qualche tempo fa sarebbe stato insperabile e che terminerà istantaneamente nel momento in cui sarò costretta a redigere qualcosa che assomigli vagamente ad una pubblicazione scientifica. In tutto questo i miei stolti colleghi hanno voluto intrupparmi nella forbita diligenza di universitari partecipanti ad un congresso per seguire il quale avrei probabilmente bisogno di rinascere un paio di volte ed avere così il tempo di farmi una minima e vaga idea dei temi trattati. Naturalmente, da spregevole scaltra somara qual sono ormai diventata, pregustando un weekend zeppo di cene prepagate e alberghi accessoriati di vasca idromassaggio, ho mestamente acconsentito con silenziosa compostezza per dare alla mia immagine di umile serva della ricerca quel tocco di contrita ascesi che contribuisca a far salire ulteriormente il valore delle mie azioni. Accarezzando finemente il mio cromosoma egoista vi saluto caramente chiedendovi come unico favore di irrigarmi l’Erba: torno presto, e sappiate che penserò a voi con affetto ogni giorno, sorseggiando con dovizia l’amaro calice immersa tra mille effervescenti bollicine. Cin cin