S_CAROGNE

Mentre la mia bella dorme


Capita, ebbene capita, che l’oggetto della mia veglia notturna tra fascicoli e cartacce, in un mare di inchiostro nero di tremenda importanza, diventi un pensiero fisso prima che il molesto ronzio della sveglia sbadigliante venga a disturbare il mio idillio. Lavorare di notte ha più di un pregio: te ne stai sola avendo per compagnia le fantasie più tristi, intrattenendo pensieri che avrebbero invece dovuto morire con coloro ai quali incessantemente si rivolgono. Quando la foga del mio affetto sopravanza la prudente ragione, sciogliendo i dubbi ed i timori che affliggono i nostri fragili corpi così poco esposti nell’etere in cui ci troviamo a navigare, ripenso a questo ultimo anno trascorso tra le linee grigie messaggere del nuovo giorno: a volte è necessario distruggere una persona completamente per costruirne una nuova, e sacrificare le vele o le scialuppe per prendere la corrente senza perdere il carico. E’ stato un anno intenso, speso a cercare di mantenersi a galla tra pensieri dolenti giunti al culmine, zeppi di colpe shakespeariane e insolvibili che si sono scoperte destinate a girare in tondo. E’ stato un anno, un altro. Punto. Adesso, mentre la mia bella dorme e sogna il tempo sprecato o l’illusione perduta, un’altra me raccoglie giovani ambizioni fatte cadere in troppe notti, spaventose come questa, trascorse a sfidare l’aria umida e impura del passato con spirito saldo e ferma dignità. Non ci sono mura in pietra, né sbarre in bronzo o catene di ferro che possano essere infrante per dare un’opportunità a quella che ero di tornare in mezzo a noi, non c’è ago capace di ricucire lo strappo tra volontà e destino. Quando la guardo dormire inconsapevole su un lato del giaciglio, insieme alle promesse che mai avrei voluto sapere disattese, chiamo il cielo a testimone di quella cosa oscura che ancora fa luminosa la vita. Altri sospiri muteranno l’ordine di questa clamorosa notte sorpresa da un minuzioso rumore di speranza: giuro sui preti, sui codardi e sui prudenti, giuro sulle deboli carogne e sulle anime sofferenti che se anche avessi l’eloquenza capace di agitare il sangue o la spada che posta nella ferita spinga alla rivolta, non le farei il torto di svegliarla con remoti pensieri di pace e riverenza.