S_CAROGNE

Il mestiere di vivere


 Nelle mie vite precedenti devo aver commesso numerosi errori. È così che giustifico la mia innata inadeguatezza. Per la verità, ormai, convivo allegramente con essa, quasi siamo diventate amiche, mi abbandono tra le sue braccia. Strada facendo, del resto, qualcuno si è affezionato a me per questo, come si farebbe con un cucciolo di mostro. Mi spiego meglio: da una bambina ci si aspetta spensieratezza, attitudine al girotondo e all'ozio. Io ero invece, come dire, preoccupata, seriamente preoccupata. Troppe cose da imparare, troppi comportamenti da assumere, e un numero decisamente spropositato di bivi. A sedici anni, poi, generalmente si pensa al proprio corpo come a un utile strumento alla socializzazione, qualcosa di cui occuparsi, eventualmente da condividere, mentre io considerai risolutamente la strada dell'ascetismo, come doveroso segno di omaggio a quanti - poeti, scrittori, filosofi, musicisti - si erano presi la briga di pensare e di scrivere anche per me. L'esigenza di non causare troppi sospetti mi portò a scendere a compromessi, e così una parvenza di vita mondana l'ho avuta anche io, mentre le riflessioni più fosche erano diligentemente annotate su un diario. Stranamente, però, ebbi fama di persona complicata. Piuttosto, direi io, incerta sul da farsi. Stento ancora a comprendere la disinvoltura con la quale i miei amici scelsero la facoltà da intraprendere, certi dei propri mezzi e della loro futura visione della vita. Forse, errando, invidiai Leonardo, considerai il momento irrevocabile, e dedicai più di una travagliata notte ad esso. Tuttora, a dire il vero, dubbi sinuosi fanno capolino. Ma, come si dice, alea iacta est, e così ho ritenuto opportuno, a vent'anni, osservare le baldanzose coetanee, capaci di truccarsi e di scegliere i vestiti, mentre io arrossivo al pensiero di dire a mia madre che gli slip di cotone bianco fossero ormai leggermente fuori contesto. Sono madre anche io, ora, ma il mio ruolo e la mia età anagrafica continuano a essere separate dal resto. Non mi interessa smacchiare una camicia e di un servizio di posate, in tutta onestà, non saprei che fare. Simulo però bene, tanto che alle volte credo io stessa di essere una donna matura. Penso di aver perso il coraggio di soffrire, mi ritengo capace di saper porre dei freni, e confido nel fatto che il mio paracadute si apra automaticamente (credo succeda così quando si è in precedenza data la propria vita in pasto ad altri, cercate di capirmi), ma, per fortuna, sbaglio.