In fondo, poteva andare peggio.Nell’unico giorno di ferie imposte, il dover essere e stare occupa lo spazio del tempo libero.Alle undici di mattina, dopo essermi concessa una sveglia ritardata, sono già in marcia verso il mare, dai miei. Al mio arrivo la casa è magicamente vuota, silenziosa. Mi concedo un po’ di relax per orecchie e spirito in attesa del rumore che arriva, puntuale e noto, sottoforma di parentame. Il padre, misantropo per natura, manifesta il solito nervosismo legato a questi eventi “mondani”. Predica per il ritardo degli ospiti che comporterà uno slittamento coatto del suo solito orario di pranzo e rastrella foglie di ulivo nel vano tentativo di sfogarsi.Il fratello, arrivato nelle terre del profondo Sud per un periodo di ristoro, esprime, come di consueto, il suo radicato attaccamento agli affetti familiari chiedendo dettagli sulla condizione dei televisori di casa e dispensando ghiotti consigli su parabole e antenne. Intercala con affettuosi epiteti […] rivolti alla madre, la quale ha il grave torto di non comprendere il gergo tecnico-televisivo.La madre stempera la tensione - che più scorrono i minuti senza l’arrivo degli ospiti, più sale, trasuda dalle pareti e si appiccica sulla pelle degli astanti - con interventi ameni e pittoreschi, azzeccati quanto panna montata su pasta con le sarde, del tipo “Quest’estate è meno calda della precedente, non dite?”. La sottoscritta rimpiange la sua quotidiana routine lavorativa.Arriva la prima tornata di zii e zie ospitati. Il padre dà il benvenuto facendo notare per ben cinque volte consecutive il suo disappunto.Si comincia a mangiare e a bere (grazie a dio!). Poco dopo ecco i cugini. Relegata con loro all’angolo (perché nonostante l’età che avanza, noi saremo sempre i piccoli che stanno vicini così chiacchierano e giocano insieme), mi creo la mia oasi di felicità tra una carosella, un pampasciune, una frisella ed un bicchiere di rosso “paesano”. Non appena il mix entra in circolo, l’udito si ovatta, non sento più le cicliche ed epocali minchiate familiari, i discorsi divengono suoni in lontananza e l’unica cosa che emerge lampante dalle ceneri di questo allegro concistoro estivo è l’ineluttabile, quanto gradito scorrere del tempo.Le ventre chine (leggi: pance piene), si sa, ben poco hanno voglia di abbandonarsi a polemiche.Il pomeriggio scorre con topico rimescolìo di ricordi e di aneddoti del sangue che fu e che ora è tumulato; e annoiato pettegolezzo sul sangue del sangue che ancora è.Ore sette di sera. Si riprende la strada del ritorno. Anche questo ferragosto ce lo siamo levato davanti!
La Madonna Assunta(almeno Lei!)
In fondo, poteva andare peggio.Nell’unico giorno di ferie imposte, il dover essere e stare occupa lo spazio del tempo libero.Alle undici di mattina, dopo essermi concessa una sveglia ritardata, sono già in marcia verso il mare, dai miei. Al mio arrivo la casa è magicamente vuota, silenziosa. Mi concedo un po’ di relax per orecchie e spirito in attesa del rumore che arriva, puntuale e noto, sottoforma di parentame. Il padre, misantropo per natura, manifesta il solito nervosismo legato a questi eventi “mondani”. Predica per il ritardo degli ospiti che comporterà uno slittamento coatto del suo solito orario di pranzo e rastrella foglie di ulivo nel vano tentativo di sfogarsi.Il fratello, arrivato nelle terre del profondo Sud per un periodo di ristoro, esprime, come di consueto, il suo radicato attaccamento agli affetti familiari chiedendo dettagli sulla condizione dei televisori di casa e dispensando ghiotti consigli su parabole e antenne. Intercala con affettuosi epiteti […] rivolti alla madre, la quale ha il grave torto di non comprendere il gergo tecnico-televisivo.La madre stempera la tensione - che più scorrono i minuti senza l’arrivo degli ospiti, più sale, trasuda dalle pareti e si appiccica sulla pelle degli astanti - con interventi ameni e pittoreschi, azzeccati quanto panna montata su pasta con le sarde, del tipo “Quest’estate è meno calda della precedente, non dite?”. La sottoscritta rimpiange la sua quotidiana routine lavorativa.Arriva la prima tornata di zii e zie ospitati. Il padre dà il benvenuto facendo notare per ben cinque volte consecutive il suo disappunto.Si comincia a mangiare e a bere (grazie a dio!). Poco dopo ecco i cugini. Relegata con loro all’angolo (perché nonostante l’età che avanza, noi saremo sempre i piccoli che stanno vicini così chiacchierano e giocano insieme), mi creo la mia oasi di felicità tra una carosella, un pampasciune, una frisella ed un bicchiere di rosso “paesano”. Non appena il mix entra in circolo, l’udito si ovatta, non sento più le cicliche ed epocali minchiate familiari, i discorsi divengono suoni in lontananza e l’unica cosa che emerge lampante dalle ceneri di questo allegro concistoro estivo è l’ineluttabile, quanto gradito scorrere del tempo.Le ventre chine (leggi: pance piene), si sa, ben poco hanno voglia di abbandonarsi a polemiche.Il pomeriggio scorre con topico rimescolìo di ricordi e di aneddoti del sangue che fu e che ora è tumulato; e annoiato pettegolezzo sul sangue del sangue che ancora è.Ore sette di sera. Si riprende la strada del ritorno. Anche questo ferragosto ce lo siamo levato davanti!