S_CAROGNE

1: Brace di fuoco di accampamento appena spento (Jovanotti)


Se non fossi una lurida egocentrica che gode a parlare di sé probabilmente l’unica cosa saggia da fare sarebbe quella di chiudere nel cassetto il resoconto di questi giorni di sfrenato cazzegg - ehm, alacre lavoro ma invece. Or dunque. La carovana accademica contava al suo interno cinque gagliardi esponenti della sapienza (ah ah, divertente) barese: Sara, due giovani Borsiste, un Ricercatore logorato dall’ipocondria con in bocca lo spiacevole  risultato di una errata ortodonzia correttiva ed un giovane Associato, attraente nonostante l’abbigliamento da feticista dei marchi (Gesù, Loro Piana!). Il viaggio di andata viene affrontato pontificando e pedanteggiando su noiosissimi temi lavorativi ovvero discettando del nulla in una sorta di nicchia biologica che ha come unico oggetto la perpetrazione di se stessa, ma lasciamo perdere. Al settecentesimo chilometro Sara e il giovane Associato inspiegabilmente stringono una piaciosa amicizia, relativa data la mancanza di un genere umano concorrente e inspiegabile visto il sobrio anello da  investitura papale ostentato dal soggettino in questione (funesta è l’incoscienza di chi non dà sufficiente importanza ai presagi). Certo, la conversazione tarda a decollare vertendo principalmente su questioni inerenti lo stato di salute di Sara, incluse domande precise su sifilide, pellagra e malattie veneree relative a lei e anche al suo albero genealogico ma comunque. Arrivati finalmente a destinazione i cinque vengono presi da una emozione speciale: capiscono infatti di trovarsi in un vero e proprio Eden naturalistico ovvero in eremo dimenticato da Dio e dagli uomini con tanto di onnipresente triade montagna – mucca – montanaro. Bene – pensa Sara – avevo proprio bisogno di qualche giorno di riposo a contatto con la natura. Appena entrate in stanza un pungente odore rancido di muffa e di gatto con evidenti problemi ormonali avvolge le tre grazie (Sara e le due borsiste) ma nell’aprire la finestra la splendida vista del lago su cui già incombe la nebbia rasserena gli animi. Alle 21 circa Sara si addormenta con una nuova mestizia nel cuore, già felice di svegliarsi il giorno successivo con il latte appena munto sul comodino, certa di aver trovato, nell’ineffabile contesto naturalistico, una sua nuova dimensione esistenziale. …Quattro del mattino, l’ora della disperazione. In poche ore l’ambientazione vira dal folk al funesto e Sara si sveglia con una sorta di angoscia primordiale nel petto: tutto ad un tratto si rende conto del perché i suicidi avvengano a quell’ora, ed in montagna specialmente. In più fa un freddo bestia ed il bagno non è certo l’ambiente più caldo. In sintesi la faccia pulita dell’inferno. Sara si mette addosso tutto ciò che riesce a trovare, compresa una orribile camicia  modello scout della sua collega ipercattolica e, vestita a metà tra un ciellino ed un papaboy, va a farsi un giro. E nel preciso momento in cui non dovrebbe succedere succede. Ovvero in un orario in cui la gente di solito si getta dal balcone Sara e l’Associato si incontrano nel corridoio dell’alberghetto tirolese… continua…