S_CAROGNE

Because the night


 (Una pura formalità)Inviare Gmail, o meglio saper scrivere Gmail, è un'arte. Non è semplicemente usare la posta elettronica. Quella è posta ordinaria. Per esempio, con hotmail ha molto senso dire Buona G-Giornata, e un bacio a piè di pagina non è un G-bacio, che prelude alla trasformazione del punto G in un alfabeto.La mia non è una delirante opinione derivante dall'uso smodato del servizio, con conseguenze ancora non pienamente quantificate, ma con una stima provvisoria dei danni piuttosto preoccupante. No. Leggete qui http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/scienza_e_tecnologia/google-7/google-mail/google-mail.htmlLo so: siete anche voi sconvolti dal fatto che, dopo il recente turbinio di riforme di cui è stata vittima la Pubblica Istruzione, si ritenga problematico un 2 per 11. O 11 per 2. Ma tant'è. A questo punto mi chiedo perché non proporre di sostituire l'etilometro con una equazione di secondo grado.Torniamo però ad argomenti a me più consoni, giacché non vorrei restare imbrigliata nelle reti della logica, dovessero smagliarsi le calze.Allora: perché non consentire al flusso interiore del gentile G-Utente di andare dove meglio crede?A chi può nuocere una persona alla guida della propria tastiera? Vogliamo lasciar correre almeno i pensieri notturni in santa pace? Insomma: Gmail è mia e me la gestisco io.Sì, lo so: esistono cose che non si dicono per mail, neanche per Gmail, ma sono cose che provi, che hai l'urgenza di comunicare. Cose che voglio leggere, non certo perché mi rasserenino la giornata, ma perché le hai scritte per me, solo per me. Pardon. Inizio a parlare come una dipendente da Gmail. Già: non avete idea di quanto possa essere devastante il coinvolgimento da Gmail. E ottundente la sua assenza. No, scordatevelo: su Gmail non c'è posto per i mezzi sentimenti, non si segue un protocollo di comunicazione, non si scimmiotta l'amore.È vero, talvolta si oltrepassa il limite, quello che delinea il confine con l'altro, lo si penetra con tenerezza o con rabbia. Immagino la scena: sono le 4,30 del mattino, ho gli occhi pieni di lacrime, sono stanca, sono uscita e ho anche bevuto, gli scrivo quello che gli direi se fosse a distanza zero da me, e poi? Cosa? Diciotto. (Sei per tre.) Sedici. (Quattro per quattro). Invio. Perfetto. No. Non mi riprendo le parole (non sempre d'amore) fino a farne fonemi o gli orgasmi fino a farne desiderio o la dolcezza fino a farne cortesia o la rabbia fino a farne quiete.