S_CAROGNE

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Il formicaio madre che di giorno in giorno, dopo ogni rognosa cibata di frattaglie, si rigenera nella cucina di Sara_1971 non può che suggerire la solita morale:  i profeti, si sa, altro non sono che barboni disadattati baciati dal successo. E anche Sara, signori miei, a tempo debito lo è stata. Breve excursus: Erba e Sara vengono ingaggiate da un sedicente direttore editoriale di un giornale e, in pieno trip egotico, sciaguratamente accettano. Sull’ingaggio aleggia una puzza di fregatura tale che basterebbe a far insospettire persino Cappuccetto Rosso, invece le due trotterellano allegramente nel bosco, ignare del loro destino, verso una nuova avventura burina. In men che non si dica si ritrovano così a gestire una rubrica di un settimanale ciociaro, ovvero si ritrovano a scrivere le stesse minchiat… garbate considerazioni che pubblicano sul blog in un contesto leggermente diverso: invece che nella Terra Promessa della Carta Stampata vengono catapultate in una landa assolata popolata da pecore e pastori. Si inaugura così la stagione delle civette  notturne: orari da minatori scandiscono i risvegli delle due autrici, amorevolmente sollecitate dallo schiocco di frusta del Direttore, un simpatico mandriano di periferia. Oltre al nerbo di bue (arcaico: frusta, prima che pensiate a male) altro punto a suo favore, se così si può dire, è la professione creativa. Avete presente il giornalista nella più classica delle forme: sudato, scontroso, in ritardo, reduce di venti sigarette, cinque caffè, un panino con la lonza, un pacchetto di pavesini, tre ore di sonno e una generica sfiducia nel genere umano e nelle sue capacità di comprensione della lingua italiana? Ecco, perfetto. La telenovela va avanti (non si sa come, non si sa perché) per circa sei mesi - d’inferno per noi, per lui, per tutti, ed io posso dire c'ero!  - durante i quali le due blogger si sentono sempre più simili all’osso scagliato dallo scimmione in “2001 Odissea nello spazio”. Sara ed Erba, con l’aria da scout premurose, si intestardiscono nel perseguire la civilizzazione dell’etnia (cresciuta a base di olio Rosciola e fagioli di Atina) con ogni mezzo, impreziosendo i loro scritti con leziosaggini sconosciute agli oriundi di Frosinone, ma proprio quando sono ad un passo dal raggiungere un gratificante risultato (l’invenzione della ruota, la stampa a caratteri mobili e via dicendo) vengono interrotte nel loro cammino di Padri Pellegrini da una pessima notizia: il settimanale (ahimè che dolore) chiude i battenti *. Erba torna ad accudire i figli, Sara recupera dal mucchio di cenci luridi la divisa da cameriera mentre il mandriano scompare silenziosamente dalla vita di entrambe. La storia riprende così il suo corso lì dove il ciociaro l’aveva interrotto fino ad una settimana fa, data in cui il sedicente Direttore torna a fare capolino nella nostra messaggeria. Insomma, gli piacerebbe tanto complicarci la vita ulteriormente, dato che gli è riuscito così bene una volta. Ma stavolta in maniera più complessa, se vogliamo dotare di tali presuntuosi attributi la semplice mente di un ciociaro.Intingo quindi la mia penna nel curaro per redigere l’editto di scomunica: il mandriano ha scritto un libro e lo ha persino pubblicato. Ho letto solo l’incipit: Accattatavill. Per due motivi. Innanzitutto perché è bellissimo. E poi per confermare il mio talento nel profetizzare sventure: ecco, persino il nostro beneamato Direttore è riuscito a pubblicare prima di noi. Sgrunt.  *Ennesima conferma, direbbero le malelingue, del fatto che Sara porti sfiga.