S_CAROGNE

Un muro di tufo


Era venerdì. Notte. Mi sono venuti a prendere perché chiamati dalla mia vicina, vecchia e bigotta. Sentiva da ore rumori molesti, rantoli, grida ed erano già le quattro.Quando sono entrati si sono trovati davanti ad una scena che non dimenticheranno, poverini!La porta d’ingresso era aperta; la casa piena di gente a me sconosciuta. Un passaparola e tutti erano lì allettati dall’evento. I pochi conoscenti bisbigliavano “Sonia è impazzita” e guardavano tra l’intimorito e lo sbalordito. Gli altri ridevano e se la godevano. Godevano di me, con me. Io aspettavo tutti nella mia stanza da notte. Stesa al centro del letto, nuda, mi limitavo ad indicare qualcuno ed il predestinato doveva venire, abusare come meglio ritenesse del mio corpo e, alla fine, farsi pagare. Per poter avere soldi a sufficienza (non sapevo in quanti sarebbero venuti, avevo bisogno di una scorta) mi ero licenziata e avevo messo insieme buonuscita e risparmi. Terza ed ultima condizione, il nome. Lo sceglievo io.Ed è stata notte di illusione e libertà, liberazione e morte. Uomini, donne… ridevo, ridevo e gridavo mentre il mio corpo  passivo, abusato iniziava a sanguinare e a puzzare di urina e sperma, saliva e sudore.Da allora è passato un anno. Un anno che sono chiusa qui. Ospedale psichiatrico.Fino a ieri ero in una confortevole stanza con vista, vista sbarrata, ma pur sempre vista. Oggi no.Hanno aperto la porta per un semplice controllo, per vedere se stessi riposando, come sempre a quell’ora. Continuavo sbattere la testa al muro e ogni colpo era un nome ed ogni nome un conato…All’inizio ho vomitato pasta del pranzo, pennette scotte al sugo, poi pollo e patate al forno.Dopo sono stati solo succhi gastrici. Alla fine non usciva niente, ma prendevo indice e medio della mano destra e ficcando, ficcando, fino quasi a soffocare, sono riuscita a vomitare generosamente ciascuno di voi:Antonio;Donatello;Raffaele;Alessandro;Marta;Silvia;Alfredo;Laura;Vincenzo;Raffaele; Marianna;Lucio;Giulio;Roberta;Dario;Dicono che si debba sbattere la testa al muro da soli. L’ho fatto e facendolo ero a schiena nuda, affinché qualcuno di voi, accorrendo alle spalle potesse sferrare l’ultimo colpo.Vigliacchi. Avete mancato anche questo appuntamento. Vigliacchi. La preoccupazione e poi l’angoscia hanno invaso lentamente la vostra pelle venerata dai miei occhi, scuri, grandi. E nel sentirvi scoperti, avete provato ad uccidermi. Avete succhiato linfa, iniettato il veleno del sapere malato, del dolore.Dicono che si debba sbattere la testa al muro da soli. L’ho fatto, ma ho ancora paura di voi.