S_CAROGNE

La pelle


  (Ad occhi chiusi) Solitamente lascio alla mia sodale il ruolo di snob, di critico letterario, di giudice supremo. Eppure, forse leggermente irritata dalla mole di lavoro cui mi ha sottoposto la Serpe (intendiamoci, mia cara: io ho molti interessi, ho impegni fino al Capodanno 2030, non percepisco uno stipendio in qualità di tua segretaria. E poi, è ora che tu lo sappia, non è necessario un corso pre-matrimoniale per riuscire a spedire una raccomandata. Inoltre, scusa la pedanteria, quando ti invio un sms del tipo “File inviato”, mi sembra quantomeno pleonastico che tu mi risponda dicendo “Al mio indirizzo?” “No, tesoro, a quello di Eco” in risposta era una battuta, per questa volta.), mi sono lasciata andare. Insomma, sono una di quelle che, lo confesso senza arrossire, non hanno mai letto Carofiglio. Il fatto che ormai abbia pubblicato finanche Cassano induce i più a fare battute di ogni sorta sull'editoria, io, invece, credo ancora nella serietà del settore. Carofiglio? Sì, bravo, sì bravo, dicono da ogni dove. Bene, allora, su suggerimento di un nostro lettore, che presto, per altri motivi, assurgerà ai fasti della notorietà, ho comprato il suo ultimo libro. Su Bari. (Poi, per consolarmi, anche due borse.) Premetto altresì di non aver letto alcun commento sul libro, per cui spero di non ripetere il parere di terzi. Mi lancio e basta in una demolizione, non prima di chiedere all'esimio concittadino di fare quanto in suo potere per consentire a La Creatura di vedere la luce, se desidera il mio perdono. Lo ammetto: il fatto di aver letto la Duras la sera prima non ha giovato alla valutazione, ma, di certo non basta inanellare sequenze di parole in italiano corretto per suscitare emozioni. Queste, ma è solo una mia opinione, devono innanzitutto turbare colui che si accinge a condividerle con un foglio bianco. Uscivamo dal Maltese o dal Pellicano (quello di via Monte Grappa in particolare) scossi, profondamente scossi. Eravamo più di tre, eravamo in tanti, anche se poi ci sparpagliavamo in sottogruppi per le vie, le case, i vicoli di Bari. Non c'è quiete nella vita di un adolescente, né distacco, né saggezza, anche se può esservi malcelata solitudine. Non eravamo bravi ragazzi, di notte, perché quei locali fumosi ci donavano un'aria scapigliata così intensa da apparire autentica, e la vita diurna costituiva un mero contenitore di argomenti da cui evadere, fuggire. Amare Bari, anche se scorre sangue misto nelle vene, è facile. Lo hanno fatto in tanti, prima di noi. Alcuni, Carofiglio lo ha scordato, sono illustri figli della città e i loro nomi giacciono in bella mostra su lapidi bianche. Altri hanno recentemente dipinto Bari, quella sotterranea, quella che fa paura, ma sa far ghignare, al cinema. Molti si allontanano, per poco, poi tornano. Nel libro c'è tutto, troppo: la cucina, le librerie, il Petruzzelli, Punta Perotti... Grandi assenti: le emozioni di pancia. Non bastano frasi ad effetto, sporadici incontri con le canne (canne, non spinelli o droga, non siamo mica in questura), qualche striminzito ricordo adolescenziale, per apparire solidi ai propri lettori. Se il tema è la consapevolezza, non ci si può fermare all'attenzione. (E poi: lasciare intendere dopo poche pagine che un amico ha problemi con l'alcol e l'altro con la figlia, pensando poi di stupire o commuovere il lettore sul finale con tali rivelazioni non mi sembra una mossa da giallista;la storia dei titoli paradossali potrebbe far ridere la prima volta. Potrebbe. La prima.)   Grazie per aver trascritto la frase di Mario Sansone: “Bari è una città senza ironia e senza malinconia”. E poi il titolo, lo ammetto, è bello.