S_CAROGNE

Signora Lia


 (Mrs. Robinson)Aria di consuntivi. Ha perso l'Inter? No, però mi alleno, nel caso qualcuno desiderasse intervistarmi. Salve, sono Erba. Ho qualche certezza. Sì: sono donna, mamma, lavoratrice, blogger a mezzo servizio, amo l'amuchina, detesto gli acari, i compromessi e le domeniche noiose. Sono in grado di trasformazioni degne di Wonder Woman: a volte, pochi minuti dopo un amplesso, sono riuscita a legarmi i capelli e a essere una super mamma, ho discusso dettagliatamente di regali di compleanno/merendine/pediatri... un quarto d'ora e magia! Eccomi pensatrice, attenta a dettagli di cui in punto di morte mi pentirò di essermi occupata. Resisterò? Riuscirò appena varcata la soglia dei 38 a ridere ancora come una bambina? O a stupirmi apprendendo che il cipresso non è stato scelto per motivi poetici, ma solo perché le sue radici non creano inconvenienti con le bare? So che dovrei saper fare il nodo alla cravatta, ma ci sono cose che imparerò quando sarò grande. Ogni cosa a suo tempo. Di recente, ad esempio, ho fatto il grande passo: ho assunto Luisa. Si occupa di noi ben tre volte alla settimana. Da quando c'è lei la casa brilla. Perché io la metto a posto, con estrema cura. Non solo per rispetto, ma per paura. È imbranata, di animo buono, attenta i giorni dispari all'incolumità del parquet che finirò di pagare tra dieci anni, ostinandosi a volerlo lavare con il detersivo. Quando capita che spolveri qualcosa senza romperla, la ripone in un posto diverso da quello da me stabilito, armata di squadra e compasso, nell'intento di rispettare certe simmetrie che evocano quelle del mio codice genetico, per segnalarmi “Sono passata di qui”. Nessun problema, se ho i nervi saldi. Ma all'indomani di alcune rivelazioni che hanno reso indispensabile la mia massima concentrazione ho dimenticato di lavare la caffettiera e di riporla al solito posto. D'accordo, il momento di scarsa lucidità era soprattutto dovuto al fatto che, causa uscita con amiche, ero più piena di vodka che di sangue. Luisa che fa? Lava la caffettiera, la avvita e la lascia sul fornello piccolo a destra. E cosa fa una vittima degli automatismi? Prende il portatile dallo studio, digita la inimmaginabile password, toglie le scarpe, seleziona un album di Ben Harper, e aspetta che si diffonda nell'aria il familiare e rassicurante aroma di caffè. A dire il vero, solitamente il caffè sgorga copiosamente dalla caffettiera perché giro per casa alla ricerca di qualcosa, o mi fermo a giocare con il gatto, o decido di stendere i panni per evitare inutili sprechi di tempo... (Per fronteggiare in simili occasioni i rimbrotti di mio marito che mi ammonisce dicendo “Se tu sapessi stare ferma cinque minuti eviteresti di doverne perdere dieci a pulire” gli ricordo che il caffè fuoriesce solo dalle caffettiere di quante hanno lo sguardo sincero, incapace di trattenere segreti, e lui, bontà sua, finge di credermi.) Ebbene: nulla. Nessun aroma, nessuna goccia. Solo denso fumo e sgradevole odore di bruciato. Qualcosa non va. Sono segnali da non sottovalutare. Come quella volta. Era estate, quasi. Sì, il nostro giorno: esattamente un anno prima, o più propriamente due, parlammo senza fede nei falliti amori. E tu che facesti? Non macchiare certe cose è importante, tu infangasti un inizio con una fine. Cosa c'è di più estraniante di ciò che nasce e muore lo stesso giorno, anche se a distanza di anni? Chiaro che saremmo dinanzi a una cabala; insomma: attenzione.