S_CAROGNE

Space oddity


 Space oddity (Piccolo mondo antico) Trentadue anni or sono - ero una bambina - con un certo stupore, per la prima volta, stiracchiai la mente, finché il mio occhio arrivò ben oltre il Sistema Solare. (Da allora la storia di ripete, a intervalli irregolari.) Era buio: le stelle rade emanavano più fascino che luce. Incurante di un paio di buchi neri alla mia sinistra, con i capelli sciolti e una punta di incoscienza, conobbi superfici lisce, fredde, perfette. Altre, apparentemente ostili, catalizzavano suadenti anche l'ospite più ritroso. Incandescenti, caotiche, evocavano l'inferno. Sembrava che lì, lontano, nessuno parlasse. E che dovere e morale fossero sconosciuti. Quasi - eppure lì spesso i giorni duravano assai più di ventiquattro ore - non mi annoiavo mai. Come essere un selvaggio, un animale, e gioire e godere intensamente. Punto. Non pensare al prima e al dopo, alle conseguenze. Congelare l'istante. Non vi erano intenti, né progetti. E i ricordi, poi, tutti insieme, ben amalgamati, servivano solo ad ormeggiare all'occorrenza. Confesso che ebbi paura - credo che udii l'eco di nenie demoniache - e, attaccandomi alla fragile coda di una cometa, tornai.Da allora, a cadenza fissa, a testimonianza del fatto che non siano possibili altre forme di vita, guardo il cielo dalla finestra al terzo piano. L'orologio scandisce giornate indistinguibili e la distanza dal Sole pare essere ottimale. Talvolta, però, la forza di gravità, da sola, non riesce ad inchiodarmi.Esistono sonni interrotti da un boato e sogni destinati a non essere ricordati. Certe notti sono eterne.