S_CAROGNE

Friday: the First Circle Line is gone away.


A volte ritornano. Diciamo anche che la prima volta è stata breve (…e poco intensa, sebbene sessualmente memorabile…). Diciamo che avevo bisogno di approfondire il tema. Fatto sta che sono tornata: Londra.Partenza venerdì mattina. Il viaggio nasce sotto i migliori auspici economici: un piccolo Beauty non contemplato nel computo dei bagagli mi viene a costare i primi 20euro – Ryanair di merda -.Il volo parte con solo un’ora di ritardo e arriva (sempre solo con) un’ora e mezzo di delay.Il tragitto è inquinato da festanti cavallette baresinglesi padre munite che ingurgitano patatine e deliziano l’intero scompartimento con l’odore santo e puro dei loro piedini ignudi.Il decollo è lento. L’atterraggio è accelerato. Argutamente rivolta al mio compagno di avventura affermo: “Lo sai che l’atterraggio è il momento più delicato? Si può morire.” [1]Arriviamo a Londra alle 16 (londinesi. Partiti alle 7 leccesi). Un’altra ora di metro (più due cambi sbagliati) ed eccoci nella sede centrale dell’agenzia per ritirare le chiavi del nostro appartamento a King’s Cross, centrale. Stanchi ma felici, sentiamo il traguardo vicino. Presto avremo le membra rigenerate da una sana doccia e inizieremo a scorrazzare per Londra. Illusi. Dopo aver incassato la ferale notizia che il nostro appartamento non è più disponibile, cerchiamo di capire dove ci hanno schiaffato: Kensal Green, zona residenziale, dicono loro. In culo a Cristo, dico io. Prima di protestare aspetto di vedere dove dovrebbero dormire le mie preziose e sode terga. La casa è di tale Anna, donna anziana, spagnola, su sedia a rotelle che, di tanto in tanto, folgorata dallo spirito di Lazzaro si alza e zoppica allegramente per la magione, che affitta a generose donzelle o a giovani arzilli. Gli spagnoli, si sa, sono gente gitana e caciarona, infatti nella casa (con tre stanze da letto e due soli bagnetti) ci sono soltanto: Anna, il marito, la figlia, i figli  della figlia (2), il presunto padre dei pargoli, due ragazze in vacanza studio, un tedesco, un colombiano, due cani, un gatto e un pappagallo muto: morgana. All’entrata una riproduzione a grandezza naturale della Befana.Noi, considerati ospiti di riguardo, veniamo accompagnati nella nostra lussuosa suite: una stanza di un metro per un metro, letto a (claustrofobico) castello e ampia possibilità di riporre i nostri abiti in confortevole armadio, ovvero fuori dalla porta, nelle valigie, perché in stanza non c’è spazio. Alterati giusto una punta chiamiamo l’agenzia che, guarda caso, risulta già chiusa. Comincio a guardare gli orari dei voli di ritorno mentre Anna, impietosita dal mio stato di avanzata decomposizione mentale, mentre mi offre Coca Cola in bicchieri di dubbio lavaggio e mi prepara un panino (tonno, burro, maionese, salame e formaggio, rigorosamente together) sibila flebile: avrei una singola a Marylebone… se volete ve la faccio vedere.Siamo a Marylebone. Stanza singola con letto ad una piazza e mezzo. In pratica, il mio compagno di viaggio ogni notte mi alita i suoi sogni addosso. Sono a due passi da Madame Tussauds. L’accesso alle cere sono io.La casa è abitata da soli uomini tra cui un belga.[2] Questo comporta che sia lurida. Passo il mio primo weekend a Londra tra lisoformio ed amuchina. Castimando contro la puzza di maschio casalingo.[3]Il fiato della suina regna incontrastato.Annotazioni di rilievo della prima settimana:-          Le lenzuola del letto erano luride. Abbiamo dovuto fare una lavatrice di emergenza, ma non avendo filo, né spazio dove stendere i panni, la camera (che sempre singola e stretta è rimasta) si vede divisa in due spazi da uno spago da cucina sul quale pendono lenzuola, calzini bianchi e aria di Napoli;-          Ho già rischiato di morire investita una trentina di volte;-          La nostalgia della prima volta qui e dell’assenza del mio “vecchio” partner si è risolta in pochi secondi nella massima profondità e comprensione del mio nuovo compagno di viaggio: “mena, portami nei posti in cui sei stata. Quanti saranno mai? Mezzo pomeriggio e ne lu lìamu dai coglioni! ”.-          Stazione metro Piccadilly Circus, una folata di vento sulla rampa delle scale mi alza completamente la gonna, stile Marylin, lasciandomi smutandata davanti al treno in partenza. (Ovviamente, il mio primo pensiero non è stato cercare di coprirmi, bensì ricordare che mutande avessi.)-          Ai piedi del Big Ben, il mio amico, stanco e dolorante, mi fa: “Ma che ore sono?”, io finemente: “Sangu!”-          Il mio inglese migliora. Quello che non capisco, però, è perché quando chiedo the bill, il barman sorride gaudente e tempo due minuti si presenta con un’altra (pinta of) beer. Oppure perché  alla domanda what time is it? , dopo sguardi di vaga e assente intesa, mi ritrovi a battere isterica con l’indice destro sul polso sinistro per avere solo allora una risposta che puntualmente, tale l’emozione dell’evento, non capisco.-          I muri della reggia in cui dimoro sono di lieve compensato ed il belga dorme esattamente accanto al “vano cesso”. Credo che la mia patologia possa annoverarsi come “stitichezza nervosa”.La prima settimana si avvia alla conclusione. Il bilancio è positivo e la morale è tutta racchiusa nell’incipit.Del resto, bisognerebbe badare di più ai segni rivelatori che talvolta ci vengono incontro. Io ho avuto la fortuna di estrarre il primo dal “Beauty 20euro” appena sbarcata nella topaia: specchio rotto sette anni? E cosi' sia.[1] Saretta, cara, calmati. Il mio compagno di viaggio NON è quello che pensi e, soprattutto, NON me lo porto a letto.[2] Saretta, è biondo, aitante, parla tre lingue e… guadagna. Tranquilla, il kit completo per la ceretta fai da me è già stato usato. Aspetto l’occasione propizia. Ah! Ha un fratello. [3] Nota sociale per soli uomini: sappiate che l’età in cui vi dicevano che la vostra pipì è profumata e santa l’avete passata da un po’, ergo, potreste gentilmente scaricare dopo ogni vostra generosa minzione?