S_CAROGNE

Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi... (il seguito)


 Troppo banale supporre che l'evento avvenga nel medesimo paese. Tale non banalità mi ha irritata. E insospettita. La scenografia era costituita da un paesaggio lunare naturale (suggestivo se si hanno venti anni, le coronarie regolarmente funzionanti e poche manie di persecuzione), raggiungibile a 10 Km/h, a patto di voler sacrificare la propria auto in nome delle tradizioni indigene. Mi tranquillizzo: adocchio un chiosco, almeno potrò bere. Spero ci sia acqua oltre al liquore – altrettanto trasparente – tipico del posto. Il canyon si riempie a ritmo costante, è evidente che tra pochi minuti inizierà un concerto. Circondati dalla giunta comunale munita – giuro - di bottiglie di grappe locali, prendono posto gli attesi musicisti di nero vestiti. La folla è in delirio. Non c'è che dire: la platea apprezza. Un ragazzo mi guarda e ride. Signora, io parlare italiano. Il cantante ha invitato a non sparare, tu stare tranquilla. Il mio sorriso di circostanza si tramuta prontamente in paresi semi-permanente. Il giovane amico (cui mi aggrappo come una cozza allo scoglio) mi spiega che da un paio d'anni è proibito (ma che strano!) sparare a battesimi, matrimoni e concerti: il numero di incidenti aveva insospettito le autorità. Pare infatti che accidentalmente (?) parecchie spose non siano potute andare in luna di miele. Terminata la musica, all'alba, travolta dalle danze popolari e dalla convinzione di questa gente, dalla grazia manifestata da vecchi, giovani e bambini, ispirati e felici, riesco a raggiungere il letto, sul quale decido di permanere almeno tre ore. Poi, riprendono le escursioni. Poiché è più figo leggere la guida a cose fatte, mi imbatto nuovamente in un percorso decisamente scomodo (segnato sulla cartina con un tratteggio poco rassicurante più chiaro del bianco). Aspetto solo che Quentin faccia capolino e mi dica di che morte devo morire. Ma anche lui da certi luoghi non si azzarda a passare. Avvisto una forma di vita a me nota: un cane. Cammina lateralmente come tutti i cani e sembra stia cercando di ricordare quali peccati abbia commesso nelle sue vite precedenti per meritare un tale destino. Vorrebbe scappare, ma dietro una montagna eccone un'altra. Poi l'idea di raggiungere la presunta civiltà, dove al più gli sarebbe riservato un giardinetto per far pipì, lo fa desistere. Si gira e scompare. Continuo a percorrere la mulattiera. Nessun segnale stradale conforta il viaggiatore. In compenso ci sono primordiali panchine dalle quali si può osservare attoniti il panorama. Chi le usa? Forse quelli che, meno stolti di me, percorrono quella strada su un mulo e si fermano a mangiare o soltanto a contemplare. Il tempo passa, il paesaggio cambia gradualmente colore. Inaspettatamente, al termine di una serie di curve che mi hanno indotta finanche a rimpiangere l'ufficio, appare il mare. Un mare così cristallino non lo avevo mai visto, neppure nelle foto del viaggio di nozze delle mie amiche. La bellezza annulla l'individualismo e pacifica ogni irrequietezza. Pochi giorni e tornerò in Italia. I bagni più belli sono gli ultimi, quando la nostalgia prevale sul piacere, si mescola ad esso, e genera l'emozione. Come i baci, come gli ultimi giorni insieme. Devo tornare a casa. Meravigliosa, però, quest'isola. Indomita, selvaggia, ostile. Quello che concede deve essere conquistato. Gli avi della mia amica devono essere nati qui. Ha però il cuore tenero (quest'isola), come un carciofo; ha mille volti e pomodori buonissimi, uva dagli acini piccoli e dolci, inebrianti profumi millenari e vecchine che indefessamente ricamano veri e propi arazzi - capolavori che qualunque bambina sogna di possedere - con mani avvizzite, sorseggiando orrendo caffè, fumando decine di sigarette bianche. Una di loro, a lutto dalla nascita, mi ha regalato del pane bianchissimo il cui odore non ha nulla da invidiare alla più nobile madeleine, anzi! Ho ricordato cose mai vissute...Terra. Come farò senza le montagne che mi contengono il cuore? Senza spazi sconfinati dinanzi non aneli ciò che non hai. Ciò che esiste è tutto ciò che vedi, impreziosito dalla sua (apparente) raggiungibilità. Nessuna siepe, solo montagne inaccessibili, imponenti, sornione. Per una barese, abituata alla pianura tanto da sentire troppo sovente scorrere nelle vene sangue magiaro, la presenza di baluardi rocciosi può consentire di arginare il mare.