S_CAROGNE

Paradise Lost


E’ finalmente terminata l’estate anche nella dolente comunità_1971 e per l’occasione Sara è stata reclutata quale consulente accademico (è una figura retorica di recente creazione, tranquilli, se non sapete di cosa io stia parlando stavolta non è colpa vostra) di un paio di neomaggiorenni parchitelliani desiderosi di entrare a far parte della prestigiosa Università degli Studi barese. Il giorno dell’appuntamento vede Sara impegnata in via preliminare in una missione di pace condotta tra le frange estremiste del branco di randagi, diventati assai più litigiosi in concomitanza con l’aumento delle temperature atmosferiche .(L’oggetto del contendere sembra fosse un ratto o un colombo, in ogni caso una carogna- non è possibile essere più precisi visto il pessimo stadio di conservazione della carcassa – e, nell’impellenza di sedare la faida prima dell’arrivo della Vicina, mentre l’Ipocondriaco ha perso una lente a contatto, a Sara si sono spezzate la bellezza di otto unghie su dieci. Ma poco importa: non mi sono schiantata per le scale e questo è già un buon risultato, sono lontana da casa, dalla confusione di lenzuola, peli di gatto, polvere, telecomandi e soprattutto da Geghe e Jay, c’è il sole, ho una borsa zeppa di libri, un nodo inestricabile nei capelli ed eccomi pronta ad abbandonare l’umanità plebea che si affanna per pagare le rate del mutuo per dirigermi nel meraviglioso mondo dei riccastri anaffettivi). Quando Sara arriva a Parchitello pensa sempre al miracolo della trasformazione: insomma, quella storia di impastare il fango, soffiarci sopra e poi trasformarlo in un uomo, se riferito al coattume Parchitelliano, è un atto molto vicino a Dio. E poi questo, oltre ad essere un Paradiso, è anche un mondo democratico ed egualitario: se hai i soldi ci entri altrimenti resti alla sbarra. Non interessa a nessuno da dove tu venga, come ti sia arricchito e quanto sporca sia la tua coscienza: fai vedere l'orologio, la macchina, la villa e nessuno ti chiede spiegazioni, specialmente se ti puoi permettere di portare avanti le tue malefatte tra notai di gran fama e avvocati di grido. Ma lasciamo perdere il bigio livore e procediamo: il meeting di lavoro è stato argutamente organizzato in piscina per assicurare l’effetto Villa Certosa. Il padrone di casa, che secondo i miei calcoli dovrebbe chiamarsi Giacomo o qualcosa del genere, recita  una excusatio non petita  circa la ingiusta bocciatura del figlio minore: il fatto che l’amata creatura sangue del suo sangue durante l’anno scolastico abbia divelto un cesso per lanciarlo contro i suoi coetanei viene derubricato a mera litigata. Litigata, tra l’altro, provocata dagli altri, sia chiaro, perché lui, il piccolo erede, è troppo orgoglioso per sopportare gli insulti di quei maleducati dei compagni di classe. Certo – pensa Sara – gli adolescenti hanno una spiccata sensibilità : c’é chi scappa in camera ad ascoltare Avril Lavigne, e chi si chiude nei bagni scolastici per dedicarsi alla ristrutturazione dei sanitari. Un avanzo di oratorio femmina, decisamente coatta, inveisce contro la scuola che non prepara i nostri ragazzi ad affrontare i test di ammissione e si mostra assai preoccupata dall’idea che l’inetta prole generata perda inutilmente un anno. E Sara per una volta comprende appieno i suoi patemi: il timore d’avere l’erede cretino è una paura umana archetipica, e tra l’altro del tutto legittima, visto l’inquietante albero genealogico. D’altronde ne soffrono persino Borghezio e Bossi, i quali per tradizione si riproducono solo con membri stretti delle loro famiglie, con risultati che sono peraltro sotto gli occhi di tutti.Ma bando alle ciance, spinta dall’accattivante fruscio di una banconota, Sara si impegna a traghettare i due reprobi aldilà dello scoglio dell’ammissione, e soprattutto, di farlo ben lontana dal termitaio di bagnanti e altresì assai vicina a gaudenti calamari e vongole veraci sapientemente disposti a bordo piscina, scoprendo quanto sia edificante e divertente tirarsela come la migliore snob per locali e negozietti della costa appena terminate le sei ore di prammatica ripetizione. Altro che le camarille intellettuali di quegli incalliti sinistrorsi con cui mi accompagno, aveva ragione Erba: lo shopping è la miglior terapia al mondo. Dopo l'alcol, naturalmente (e con questa potete chiamare i servizi sociali). P.S. Nel frattempo sto alacremente studiando per i test di ammissione a psicologia. Dopo diciotto mesi di blog, ebbene sì, mi sento pronta.