S_CAROGNE

Indignazione


 (Quando io rido, tu ridi... quando io piango, tu ridi...)Un'oloturia. A volte è così che mi sento. Non ho nulla contro la categoria, sia chiaro. Ma, ecco, certe immagini non si addicono a una signora. E poi, il riverbero delle aspettative di mamma e papà, o più banalmente delle mie stesse aspirazioni, inevitabilmente causerebbe dolorose lacerazioni interne. Progetti. Sogni. Veri presunti indotti. Condizionamenti. Suggerimenti. Paure. Specchi inclementi, pagelle e patenti, l'amica della nonna che annuisce, il capo che vi squadra. Ovviamente lui, che vi ama, è autorizzato ad essere sincero. A dirvi sì, il mondo è tuo, ma non vorrai entrarci così spettinata... Intendiamoci: non mi riferisco ai giorni irti di difficoltà, quando l'eco dei moti ormonali produce ineludibili crepe nell'autostima, bensì alle situazioni in cui non innalzate alcuna barriera protettiva ritenendo il codice rosso assai lontano, direi quasi a pois rosa. Ed è quando una leonessa abbassa la guardia per schiacciare un sonnellino o quando la sua mente si libra in volo leggendo poesie, avvolta da un'aura di ottimismo cosmico, che il cacciatore pone fine – non sempre istantanea – alle sue velleità.Cose dette di sfuggita, ma comunque dette, pensieri a voce alta, ma comunque pensieri, giudizi costituiti da poche parole o frasi articolate che si piantano nella vostra carne; non basterebbe Re Artù a estrarle. Cocciute affondano, penetrano, scavano e incidono un solco, finché – libere – fluiscono nel vostro sangue, salutando catene affini di DNA al loro passaggio. Con progressione sorprendente diventano il vostro vangelo, laddove, appunto, non lo fossero già. Sovente sarete sul punto di crollare, di arrendervi a causa di quelle sillabe ordinate, che fanno male se rivelano qualcosa cui voi da soli intimamente già credete, solo che, ecco, il segreto non è più solo vostro: qualcuno, che forse amate, o almeno ammirate, ma che ovviamente ora odiate, vi ha scoperto e ha osato dire ciò che voi vi affannate a seppellire con cristalline omissioni, cocciute bugie, devianti verità. Siete ormai condannati alla dannazione eterna. A meno che... ci sarà pure un andito, un pertugio, una longanime strettoia, da cui strisciando con non comune abilità, voi possiate ritrovare – non c'è fretta - lo spazio per rimettervi in piedi e continuare, senza enfasi, il discorso. No, purtroppo il processo è univocamente determinato: a nulla vale il tentativo di utilizzare il libero arbitrio. Esempio apparentemente banale: ritenete di avere il culo grosso; qualcuno dirà distrattamente una frase sul vostro culo; uscendo di casa o facendo la doccia o davanti a uno specchio vi sentirete un culo (olistico); un giorno qualcuno vi dirà che avete un bel culo; per una manciata di secondi concorderete con il vostro estimatore: avete finalmente vinto sul vostro culo! E no... un attimo: come mai, tra tutti gli arti gli organi e le cellule, ha proprio deciso di parlare del vostro culo? Chiaro: perché è la parte più in vista! Ecco che ancora una volta lo sentirete pesante e ingombrante. Poco importa se lui dice che è il più bel culo che abbia mai visto: vi ama, quindi quello che dice è di parte; e poi siete certa che ove mai doveste voltargli le spalle lui penserebbe – come il primo che ve lo ha detto anni or sono – che avete un culo grande più che un gran culo. A ben pensarci voi adorate il vostro culo grosso o tondo o accogliente che sia: vi protegge da ben più gravi attacchi che potrebbero essere perpetrati ai vostri danni (leggi: grosso com'è ruba la scena a ben più gravi difetti annidati nel vostro essere e dintorni).A volte - ero al liceo - tornavo a casa dopo aver pomiciato in auto e mi dicevo “Anche per questa volta è andata bene...” e in genere pensavo ai miei piccoli disturbi mentali, cose di ordinaria amministrazione, cose che affliggono tutti, chi più chi meno: insomma i miei punti deboli erano al sicuro, oppure non li avvertiva in percentuale insopportabile: la mia stranezza era al di sotto della soglia consentita (o gli piaceva molto il mio culo). O ancora: “Perfetto: entra in casa mia e non si accorge della polvere in salotto, degli occhi di mia madre, degli sproloqui di mia nonna, della fragilità di mio padre. Neppure appare sconvolto dal colore della tappezzeria.”Altre volte è andata peggio: ciò di cui pochi attenti conoscitori vi accusano è qualcosa di cui siete convinti da tempo, ma che non vorreste ammettere. Bello sarebbe stato vivere ciò che vi resta senza una esplicita presa di coscienza. Ormai non è più possibile: i vostri terribili segreti si sono palesati. Dovrete ammettere di non essere perfette, di essere in balia di quanti vi hanno detto con tale convinzione certe cose da legare a doppio filo le loro esistenze alla vostra. Cerca di mostrare un po' di tatto.