S_CAROGNE

Bagasce sono i tuoi ricordi


 Bagasce sono i tuoi ricordi La casa angusta in cui vivevo, sita in una strada stretta e trafficata, avrebbe potuto tarparmi le ali e il cervello. A salvarmi da un sicuro futuro, circoscritto da un corredo di lino e una villetta al mare, fu una mezza dozzina di brevi viaggi in giro per l'Italia, compiuti a ridosso delle festività pasquali. Sfoggiavo per l'occasione i miei abiti migliori, comprati all'Upim per me sola, atteggiavo il volto in una posa di composta tristezza, persuasa di apparire tanto sana quanto inquieta.Approfittavo di ogni distrazione dei miei per girovagare da sola, o almeno per precederli di un numero di metri sufficiente a farmi sentire pienamente matura, indipendente, pronta ad iniziare una nuova vita.Un incontro casuale con un bel bambino di dieci-dodici anni parimenti evoluto, un fortuito dialogo con un redattore del Costanzo show, un passo di danza in un parco sotto gli occhi del fu Maurice Bejart... pregavo che uno o più quadretti simili a questi si realizzassero, e trascorrevo il copioso tempo libero a mia disposizione per arricchire i possibili eventi di dettagli e comprimari.Frattanto, i miei trascorrevano ore dinanzi alla facciata di una chiesa, contando le bifore, le trifore e i fregi dei rosoni, discorrendo a lungo del ciborio, e i miei chiassosi fratelli, vittime dei loro pochi anni, si contendevano la Kodak e sceglievano discutibili souvenir.Io fissavo con profonda intensità un affresco o un giardino pensile simulando interesse per l'arte.In realtà ero intenta a vagheggiare le mie indolenti giornate da padrona di una villa del Palladio, da capricciosa principessa circondata da arazzi, stentando a dissociare la mia identità da quella di Francesca di Gradara. Ero regina, o almeno marchesa, e intorno a me sentivo sguardi e amore cortese, nonostante gli autogrill, l'adesivo dell'Automobile Club e i toast avvolti nella carta argentata.Vivido è il ricordo della cioccolata al caffè Meletti, del giro in gondola nella triste Venezia, incapace di fornirmi un amato, e dell'ermo colle dove potei piangere disperata, riparata da quella siepe.Inesorabilmente, pur avendo cambiato quartiere e non dormendo più con i miei fratelli, continuo ad ambire ad altro.