S_CAROGNE

Balla coi lupi


I pesanti tappeti, i domestici vigili, il tic-tac delle pendole disciplinate e perpetuamente sollecite, il continuo rinnovarsi del mucchietto dei biglietti da visita e d'invito sul tavolo dell'atrio, l'ininterrotta catena di tiranniche inezie che legavano un'ora alla seguente e ogni membro della famiglia agli altri, faceva sembrare irreale e precario qualsiasi altro genere di esistenza meno sistematica e florida. Poco importa che il mio bonheur du jour sia stato acquistato all'Ikea.Mi è caro, odora di solitudine, soprattutto alcune sere, quando nonostante le finestre aperte e l'aria estiva, intorno a me ogni moto è sospeso.Tale quiete è la ricompensa che ho meritato per non aver pianto (né riso, né urlato) nelle ultime diciotto ore.Eppure, ho dovuto schivare la sig.ra Anna intenta ad organizzare una grigliata ad uso di scolari e genitori della classe terza C, poi ho finto di condividere l'ansia con cui Luigi e Roberto, fidati colleghi, attendevano di sapere se davvero Marco lo avesse più piccolo (il pc), quindi ho rassicurato la cassiera del supermercato: pur non sapendo (alle 14,23) cosa avrei preparato per pranzo, sarei sopravvissuta.Concentrandomi sui colori dei fiori che selvaggiamente sono cresciuti agli angoli delle strade, ovunque sia possibile, in attesa di feroce falciatura (lieta di indossare una maglietta a maniche corte - bianca, 3,99 euro, Kiabi - e orgogliosa di aver domato il periodo di quaresima, mostrando condiscendenza ai capricci del fato, muto scherno verso i giudizi dei farisei, indifferenza alle querule voci interiori), ho goduto della prima giornata di caldo intenso dell'anno.Ne seguiranno altre, meno clementi. E so che persisterò con indefettibile tenacia a prediligere il posto più assolato per aspettare l'uscita di mia figlia dalla piscina, o per fumare l'unica sigaretta della mattina.Sazia di colori ho coordinato i riti del pranzo, del caffè, delle letture, della scelta dei giochi e - mio malgrado - ho varcato la soglia di uno studio medico.Ho tentato di nascondermi dietro un libro, ma una signora imbellettata, persuasa di operare nel giusto, mi ha posto domande ordinate cui non ho saputo rispondere in modo convincente, sì da invogliarla a scandagliare il mio animo.Allora ho reclinato il capo, cercando nella memoria un'immagine tranquillizzante, illuminata dal sole al tramonto, pronta a resistere, quando la voce salvifica dell'assistente ha invitato la mia interlocutrice a seguirla.Intorno a me sguardi estranei hanno ritenuto non opportuno continuare a scrutarmi, e sono tornati a posarsi sui loro telefonini o sulla punta di discutibili scarpe.Intanto, pensavo che se una donna non desidera parlare durante un addio, allora è davvero finita.