S_CAROGNE

Nodo.


Le verità vengono all’improvviso. A volte salgono come sensi di colpa alla gola. Riportano alla luce vecchie suggestioni, ci hai mai pensato? Così dal centro del cerchio (dei tuoi amici) compare improvvisamente, come su un palcoscenico, una realtà. A guardare bene c’era sempre stata, nel tempo oscuro di mezzo, tra il chiudere le ciglia ed il riaprirle.No, non preoccuparti, sto solo dicendo che alla tartaruga piace di più la lattuga del pomodoro, o che il film inizia alle 22.15. Si può parlare di nulla se si vuole. Ci si può allenare a fingere di dire, di fare, di litigare. Si possono camuffare le menzogne e le parole e così un perché questo giacere accanto e altrove? diviene un fantasioso: “Lo sai che alla fine Crono vomiterà tutti i figli che aveva ingoiato?” o un più semplice: “Chissà se domattina ci saranno uova fresche”.Mi ha sempre spaventato lo scorrere del tempo e la paura ha generato scelte squilibrate di stabilità. Quasi a ritenere che l’abbraccio di qualcuno frenasse l’inesorabile annegamento o ne placasse l’angoscia. Prima o poi nuotare al largo, con proprie braccia, porterà frutti più soddisfacenti del peso fintamente rassicurante di una zavorra. Basta iniziare, forse.Non capivo questo fissare il soffitto per ore, con il ricordo di un trucco troppo prezioso per la sua pelle, regalo di qualcuno per il suo compleanno, usato in rare occasioni, il matrimonio di qualche parente.Non capivo questo lasciarsi andare a sé, al proprio malessere che si rifletteva di anno in anno sul suo fisico, quasi a volersi punire, ma non so bene per cosa. Forse per una scelta sbagliata o, peggio, per l’incapacità di cambiarla.I posti sono di chi li attraversa e le emozioni nutrono aspettative fallaci e delusioni cocenti.Comprendo solo ora il nostro essere uguali e contrarie.Questo silenzio facile è asfissiante tanto quanto incomprensibilmente semplice. Basterà una ragione ben costruita a tutto verrà agghindato per l’uso prestabilito. Mi sento smarrita in usi impropri. Mi sento diversa dal fango della superficialità. Sì, mi sento diversa e so che questa sarà la mia malattia.La danza può iniziare dalle sei del mattino e durare fino a notte fonda. Può portare un temporale fragoroso, un panico, una riflessione, un benessere. Può fermare la corsa rischiarare i come ed i perché.Un giorno le chiesi: “sei felice”?, lei rispose un lento e meditato “no…” e poi un più determinato e secco: “NO!”. Poi persi i suoi occhi nel breve orizzonte della finestra. Lo sguardo sarebbe arrivato al massimo all’ulivo.Solo dopo qualche anno mi sarei resa conto che quella domanda equivaleva per lei al peggiore dei colpi alle spalle.