Seconda Parte “Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto” Sabato mattina sveglia all’alba, come sempre grazie alla mentecatta (ma chi l’ha detto che il mattino ha l’oro in bocca, CHI? TACCI SUA!) e a seguire leggiadra passeggiata con le due signore anzi signorine Silvani madre e Silvani figlia. Causa forza maggiore (Sara) si fa colazione due volte (brioche e cappuccino su riso alla cantonese non ancora digerito) mentre si aspetta l’arrivo del fantomatico Vogliosara (che poi: se proprio la vuoi prenditela e portatela via per sempre, liberandoci da questo flagello pugliese che infesta il web). Io sono vagamente speranzoso: il suo arrivo dovrebbe in una qualche maniera alleggerirmi il lavoro (Quale? Ma allora siete proprio ciordi se ancora non l’avete capito). Mentre Sara è alle prese con il barista (convinta che il poveraccio le abbia dato il resto sbagliato) arriva lui. Eccolo: scende dall’auto, un macchinone da… ehm, diciamolo… puttaniere: gli manca solo una catena al collo con tanto di crocefisso e la camicia tutta aperta. Perfetto. Voglio è un tipo… come dire… esuberante ecco, uno sullo splendido andante, per intenderci un uomo che riuscirebbe a farvi acquistare un aspirapolvere nonostante la vostra casa sia sotto una tenda nel mezzo del deserto del Sahara: sì, un tipo così! I convenevoli si sprecano: baci, abbracci, saluti (da parte sua). Da parte mia un ma dove caspita sei stato fino adesso? (da intendersi: ma non potevi venire prima maledetto?).Accompagno subito il mio compagno di sventura in Hotel (lo scopo in realtà è quello di liberarsi per qualche ora di Sara) e gli propongo un percorso benefico: lui accetta subito di buon grado, è entusiasta della stanza e anche dell’abbondante buffet all’americana. Lo vedo un po’ meno entusiasta quando viene a conoscenza del fatto che il mattino seguente saremo costretti a sgraffignare qualcosa per le due cenciose che alloggiano nella topaia poco distante ma vabbè. Così spegniamo i cellulari e ci infiliamo in sauna alla faccia delle due cenciose che in seguito si mostreranno assai scocciate per l’attesa (Saruccia com’è che era quella cosa che mi hai ripetuto in quei giorni? Due uomini insieme non riescono a fare nemmeno una donna? TIE’). Il percorso benefico risulta essere una figata. All’uscita io e Voglio ci guardiamo insieme riflessi nell’enorme specchio dello spogliatoio: indossiamo lo stesso costume (lui era senza, ho dovuto prestargli uno dei miei*), le stesse ciabattine gentilmente fornite dall’Hotel, e nello stesso istante gonfiamo i muscoli per ammirarci. Ed è lì che raggiungo uno stato di estrema e veritiera consapevolezza: un anno fa non frequentavo il blog, non conoscevo Sara ed ero una persona normale. Ma vabbè.La sera ci aspetta una cena a dir poco schifosa in una trattoria nei pressi dell’albergo: la distanza in linea d'aria sarebbe di un cinquantina di metri non di più, ma l'attraversamento del dedalo risulta assai tortuoso. Dopo un paio d’ore di camminata (in tondo) riusciamo finalmente ad accomodarci. La figacciona si addormenta subito con la testa sul tavolo e così se ne va in gloria l’unica presenza accattivante della compagnia. Gli antipasti stentato ad arrivare e forse per questo Sara e Voglio decidono di ammazzare il tempo con una bella litigata. Proprio proprio bella tanto che per poco non si ammazzano anche loro. Sì, purtroppo per poco (l’ennesima occasione sfumata, mannaggia). Nel frattempo io, mesto, mi leggo otto volte di seguito il menu e poi chiedo un giornale. Il cibo è orribile e la bettola – naturalmente - l’ha scelta Sara e così basta poco perché la divina si innervosisca mandando a ramengo anche me oltre i camerieri. Al termine della bella serata Voglio decide di fare i bagagli e ripartire la mattina successiva all’alba. D’altronde quando si viaggia con Sara e così: fino all’ultimo non si sa in quanti si parte e soprattutto non si sa in quanti si arriva. Quando torno in hotel l’addetto alla reception mi chiede (ironico) se stavolta sono da solo. E qui mi torna in mente un’altra frase, sempre dello stesso autore citato nel post precedente: Tu cerchi problemi perché hai bisogno dei loro doni.E certo, come no. Si chiamano doni adesso.
Mai dire Mai
Seconda Parte “Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto” Sabato mattina sveglia all’alba, come sempre grazie alla mentecatta (ma chi l’ha detto che il mattino ha l’oro in bocca, CHI? TACCI SUA!) e a seguire leggiadra passeggiata con le due signore anzi signorine Silvani madre e Silvani figlia. Causa forza maggiore (Sara) si fa colazione due volte (brioche e cappuccino su riso alla cantonese non ancora digerito) mentre si aspetta l’arrivo del fantomatico Vogliosara (che poi: se proprio la vuoi prenditela e portatela via per sempre, liberandoci da questo flagello pugliese che infesta il web). Io sono vagamente speranzoso: il suo arrivo dovrebbe in una qualche maniera alleggerirmi il lavoro (Quale? Ma allora siete proprio ciordi se ancora non l’avete capito). Mentre Sara è alle prese con il barista (convinta che il poveraccio le abbia dato il resto sbagliato) arriva lui. Eccolo: scende dall’auto, un macchinone da… ehm, diciamolo… puttaniere: gli manca solo una catena al collo con tanto di crocefisso e la camicia tutta aperta. Perfetto. Voglio è un tipo… come dire… esuberante ecco, uno sullo splendido andante, per intenderci un uomo che riuscirebbe a farvi acquistare un aspirapolvere nonostante la vostra casa sia sotto una tenda nel mezzo del deserto del Sahara: sì, un tipo così! I convenevoli si sprecano: baci, abbracci, saluti (da parte sua). Da parte mia un ma dove caspita sei stato fino adesso? (da intendersi: ma non potevi venire prima maledetto?).Accompagno subito il mio compagno di sventura in Hotel (lo scopo in realtà è quello di liberarsi per qualche ora di Sara) e gli propongo un percorso benefico: lui accetta subito di buon grado, è entusiasta della stanza e anche dell’abbondante buffet all’americana. Lo vedo un po’ meno entusiasta quando viene a conoscenza del fatto che il mattino seguente saremo costretti a sgraffignare qualcosa per le due cenciose che alloggiano nella topaia poco distante ma vabbè. Così spegniamo i cellulari e ci infiliamo in sauna alla faccia delle due cenciose che in seguito si mostreranno assai scocciate per l’attesa (Saruccia com’è che era quella cosa che mi hai ripetuto in quei giorni? Due uomini insieme non riescono a fare nemmeno una donna? TIE’). Il percorso benefico risulta essere una figata. All’uscita io e Voglio ci guardiamo insieme riflessi nell’enorme specchio dello spogliatoio: indossiamo lo stesso costume (lui era senza, ho dovuto prestargli uno dei miei*), le stesse ciabattine gentilmente fornite dall’Hotel, e nello stesso istante gonfiamo i muscoli per ammirarci. Ed è lì che raggiungo uno stato di estrema e veritiera consapevolezza: un anno fa non frequentavo il blog, non conoscevo Sara ed ero una persona normale. Ma vabbè.La sera ci aspetta una cena a dir poco schifosa in una trattoria nei pressi dell’albergo: la distanza in linea d'aria sarebbe di un cinquantina di metri non di più, ma l'attraversamento del dedalo risulta assai tortuoso. Dopo un paio d’ore di camminata (in tondo) riusciamo finalmente ad accomodarci. La figacciona si addormenta subito con la testa sul tavolo e così se ne va in gloria l’unica presenza accattivante della compagnia. Gli antipasti stentato ad arrivare e forse per questo Sara e Voglio decidono di ammazzare il tempo con una bella litigata. Proprio proprio bella tanto che per poco non si ammazzano anche loro. Sì, purtroppo per poco (l’ennesima occasione sfumata, mannaggia). Nel frattempo io, mesto, mi leggo otto volte di seguito il menu e poi chiedo un giornale. Il cibo è orribile e la bettola – naturalmente - l’ha scelta Sara e così basta poco perché la divina si innervosisca mandando a ramengo anche me oltre i camerieri. Al termine della bella serata Voglio decide di fare i bagagli e ripartire la mattina successiva all’alba. D’altronde quando si viaggia con Sara e così: fino all’ultimo non si sa in quanti si parte e soprattutto non si sa in quanti si arriva. Quando torno in hotel l’addetto alla reception mi chiede (ironico) se stavolta sono da solo. E qui mi torna in mente un’altra frase, sempre dello stesso autore citato nel post precedente: Tu cerchi problemi perché hai bisogno dei loro doni.E certo, come no. Si chiamano doni adesso.