S_CAROGNE

Lo zucchero amaro.


A volte la mia limitatezza mi risucchia al punto da soddisfare la mia necessità di assenza. E’ un’ansia che preme sulla gola la mia insofferenza.Come mutano le cose in solo un’ora e mezzo. La città delle 15.30 non è la stessa delle 17.00, soprattutto d’inverno. Sembra cambiare d’abito e d’intenti.Le cose si trasformano tanto anche nell’arco di un anno. Sono cambiamenti più lenti, silenziosi. Al punto che si possa credere comodamente che non siano mai avvenuti.Dalla stanza del mio studio arriva nitida la voce degli annunci della stazione. Maestrale. Il prossimo treno è in partenza per Taranto. Persino il viaggio della fantasia avrebbe le velleità basse che mi riconosci.Accendo il lume e leggo pagine vuote, seduta su un vecchio divano. L’immaginazione non è abbastanza colorata da renderle all’altezza della serenità.L’onestà non paga, mi hai detto; però costa, ti ho risposto. Compreso questo, tutto sta nel calcolo del prezzo. Ho sempre avuto patrimoni troppo alti da investire in fondi perduti.Vedi? Non parlo di te. Parlo di me con te davanti, anche quando non ci sei. Forse sono pazza. Cerco di rendere in un linguaggio simile al tuo la mia complicazione d’essere. Poi, però, mi perdo in una lista di propositi quotidiani che accantonano la cura.Sono sempre stata una tattica, affatto strategica. Signora delle tante battaglie vinte, sconfitta dalla guerra; donna dalla citazione dotta di un libro mai letto, di film smozzicati da frammenti di youtube. Imperfetta e presuntuosa. Ho sempre ritenuto la perfezione priva di mordente, trovando l’imperfezione molto più saporita.E’ di nuovo Natale. Non sono pronta. Non me ne importa nulla, mi batte nella testa la frenesia altrui, il traffico, l’ipocrisia. Come ci si salva?Te lo ricordi tu il Natale da bambini, quando l’attesa era la più bella di tutto l’anno, quando il tempo passava naturalmente come il fluire delle stagioni. Ti ricordi il brodo di pesce del 24 dicembre? E noi piccoli che ogni scusa era buona per sgattaiolare nel salotto ed appiccicare il nostro naso sul vetro gelido della finestra. Avremmo scommesso tutto l’oro del mondo che quell’ombra era Babbo Natale. E il 25 dalla zia, i gatti piccoli, l’odore del camino.Forse un giorno il Natale tornerà ad essere bello. Sarà il giorno in cui riuscirò a rifletterci un po’di quiete faticosamente conquistata. Lo stesso giorno in cui non mi sentirò più specchio rotto di sorrisi (o tracotanza) altrui.I regali sono nella lista. Me la porto dietro da almeno un mese e mezzo e devo ancora provvedere all’acquisto. Sono solo cinque e tra questi cinque di cinque ne farei a meno.Saranno pronti ed impacchettati entro la sera della vigilia. Non farò venir meno la tradizione e darò la mia mano affinché il velo di zucchero e neve stenda il silenzio sulla realtà delle cose.Poi, prenderò il mio biglietto. Prima fermata: Taranto. Vado a comprare un quadro e poi chissà.Auguri.