S_CAROGNE

Topi


Sono uscito alle 6, ieri mattina. Quando sono sceso giù (per accedere alla mia grotta bisogna fare una rampa di scale, proprio dietro le docce) l'aria della sala comune era ancora tiepida e il fumo azzurrino del tabacco corretto stagnava dovunque. E' bene saperlo subito: io vivo qui da quattro mesi.All'inizio non credevo di farcela. Voglio dire, avevo sperimentato tutto -o quasi- in vita mia. E sono sempre stato convinto che il Fondo io l'ho visto durante la campagna di scavi, all'università, quando si divideva un cesso in 15 e dormire per terra era anche sciccosissimo e ti dava quell'aria da giovane esploratore dei meandri esistenziali che da sempre solletica l'universo femminile.O almeno, questo è quello che credevo sino a quattro mesi fa.Poi una sera di fine estate sono arrivato alle grotte di Elsewhere, dove ho scoperto che una volta arrivati sul Fondo si può lavorare di unghie e continuare ad andare ancora più giù.  Ma alla fine non si sta poi così male. Basta aver cura di ricalibrare le soglie minime di igiene e rivedere i livelli basilari di socializzazione; il resto sono solo piccoli accorgimenti tecnici: pulire le stoviglie dopo averle usate è assolutamente facoltativo e la mattina per farvi un tè potreste essere costretti a lavare il pentolino con resti carbonizzati di qualcosa che è appartenuto solo a una creatura di mondi lontanissimi, mentre nella tazza avanzi di sigaretta, rimasugli di cartine e due dita di birra macerano insieme per celebrare lo splendore del fantastico mondo di noi-ragazzi-di-oggi-noi; ritrovare completamente vuota la bottiglia d’olio con cui speravate di condire il succedaneo della cena non è furto ma solo un'equa redistribuzione del surplus alimentare -quindi apprezzabile gesto di sinistra caro alle masse-; captare il subliminale richiamo ai BED BUGS che vedete dovunque non è la campagna virale di un b-movie di fantascienza ma qualcosa a cui apparterrete ogni notte appena vi infilate sotto le coperte; ammirare la fierezza di una V non prelude ad alcuna Vendetta, ma è solo il quotidiano incipit consonantico che si forma ogni mattina sulla tavoletta del cesso quando posizionate due strisce di carta igienica a far da virginale barriera fra ciò che attiene alla microbiologia infettiva e la vostra pelle.In ogni caso ne esco vivo anche stavolta e dopo un'ora di viaggio nelle budella di Elsewhere, il carro bestiame mi vomita a destinazione insieme al solito migliaio di non-morti che popola i livelli inferiori della città. In cucina regna un'attività brulicante. Appena entro un odore con una spiccata nota di bacon in testa e sentori di panna rancida in coda mi colpisce al basso ventre, riportandomi alla mente scenari di pasti degni del peggior Burroughs. Riesco a non farmi sopraffare dalla nausea, è una giornata troppo importante: oggi dovrei conoscere colui che mi svelerà i segreti della mia modesta, nuova mansione. "Ha molta esperienza in questo campo. Ascoltalo bene", mi ha ripetuto l'individuo beta, dalle cui scelte culinarie dipendono gli utili del locale e le parcelle dei gastroenterologi locali.Dopo una breve attesa un ragazzino pallido e smilzo mi si para davanti. Gesticola con le piccole mani ma non riesce a dire una parola. Si guarda attorno con occhi da roditore impaurito, pronto a sgusciare sotto al tavolo per tornare a rosicchiare la sua crosta di pane. Sarà perché in faccia porto ancora i segni del cuscino, ma non gli incuto particolari sospetti di malvagità, così si decide a parlare."Tu apre qua, prende questo e lava. Poi mette qua".Tutto qui?, penso. Lui arriccia il muso in una specie di sorriso, felice di aver condiviso un briciolo della sua saggezza con questo nuovo ospite.Poi, in un'impeto di generosità aggiunge:"Io tanto tempo qua. Ora benvenuto tu. Ora questa anche tua casa". E sparisce.Non ci giurerei, ma quando si è voltato mi è sembrato di vedere una coda grigia che gli correva giù dalla schiena.