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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Recensioni 21 grammi

Post n°161 pubblicato il 17 Dicembre 2007 da sara_1971

Da quando sono tornata nel castelletto genitoriale il mio fegato non gode ottima salute: la Regina Madre, appresi con sgomento i ferali diverbi con il suoro, mi si avvicina ormai solo per chiedere quotidiani aggiornamenti lavorativi.

“Come sta andando?

Hai litigato di nuovo?

Ma quindi, che intenzioni hai?”

come se si aspettasse da un momento all’altro di vedermi inginocchiata di fronte a lei per implorare "Non ho più un soldo, datemi qualcosa", cosa che comunque succederà molto presto continuando così.

E’ quindi frequente che io cerchi di evadere dalla opprimente realtà monastica in cui sono momentaneamente confinata appena mi si presenta la giusta occasione. Che puntualmente arriva con il dvd di 21 grammi, l’opera di cui si discettava su questo blog qualche post or sono, firmata dal talentuoso Alejandro González Iñárritu,.

Mumble mumble.

Diciamo subito che mi avete illusa: avevo finito col credere che mi sarei trovata di fronte ad un signor film mentre mi sono ritrovata a sguazzare nelle tragedie altrui con impressionante disinvoltura, tra personaggi impregnati di maledettismo costruiti a tavolino da un regista convinto di avere profonde giustificazioni etiche per spettacolarizzare il dolore.

Il discorso sull’assenza-presenza di Dio nelle vicende umane è poco coraggioso ed evidenzia buchi da passarci il dito, a fronte di un Benicio del Toro maestoso, forse troppo, e quindi alla lunga impregnato di fatalismo messicano.

Bello il tempo narrativo circolare che principia dalla fine il percorso del protagonista, un pacifico ribelle con a fianco una moglie che non risposerebbe: una pellicola che vorrebbe volare alto e invece cade nel qualunquismo con un sonoro rumore di ali spezzate (non che ci sia niente di male, in fondo partecipare è perdere, credo sia questo il leit motiv della bobina che si incarta subito appena i contenuti divengono un filino più complessi).

Eppure. Eppure a volte una manciata di scene ben azzeccate riesce a ripagare uno spettatore di un film fuori luogo, al pari di un impagabile fedifrago capace di farsi perdonare persino se colto sul fatto.

Un finale struggente, magnifico, strepitoso, in grado di far rialzare la testa a tutti quelli che hanno conosciuto il dolore andandolo a trovare, una decina di ultimi fotogrammi che sorreggono l’eterno incespicare di noi anime perse e che sopravviveranno a loro stessi,  al di là di quella lapide su cui prima o poi qualcuno scriverà il nostro nome.

Quando vivere tra certezze diventa intollerabile il dubbio si rivela l’unica realtà rimasta inviolata, una sorta di speranza bardotta sempre in procinto di conciliare le cose che, pur non mutando, ancora ritornano. E ancora e ancora.

 
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