viaggiando... (meno)

Sapessi com’è strano... vedersi dopo un anno a Milano


Hanno fatto più in fretta a spostare il G8 da La Maddalena a L’Aquila che noi a riuscire ad organizzarci per poter passare un pomeriggio assieme. Che sembra semplice, ma poi, come sempre, tra il dire e il fare ci si mette di mezzo la quotidianità delle cose, nella sua ineguagliabile imprevedibilità. E così rimanda oggi, rimanda domani, sono passati mesi. Che se avessimo portato una torta con una candelina potevamo festeggiare l’anniversario. E così sabato, dopo aver riportato a casa la poison-mamma tutta bella “pitnoirata” (che, anche se il suo massimo di mondanità è arrivare alla buca delle lettere per ritirare la posta, ci tiene ad essere “in ordine”) mi sono diretta a Milano.Appuntamento piazza Duomo ore 12.00. Che piazza Duomo è anche grandina, se ci fai caso. Quindi, essendo arrivata per prima, ho scelto un luogo strategico e mi sono posizionata accanto al venditore di caldarroste. Che una sniffatina al marrone abbrustolito è sempre cosa buona e giusta. Anche perché, non so a Torino perché non ne ho ancora visti, i caldarrostai milanesi applicano dei prezzi che nemmeno un tagliolino al tartufo:barattolino contenente al massimo 4 caldarroste 3euro, barattolino da 6/7 caldarroste 5euro,barattolo con porzione di caldarroste vicina al fabbisogno giornaliero: 10 euro. Che l’ultima volta che ho comprato le caldarroste ero a Bolzano, e quando mi hanno detto che costavano solo due euro ho detto un “sì, lo voglio”, da fare invidia a Grace Kelly nel giorno delle nozze con Ranieri (no, non Massimo).Comunque, dopo aver resistito alla tentazione e non aver comprato le caldarroste, le due donne sono arrivate. Era passato così tanto tempo che mi era pure venuto il dubbio che non ci saremmo riconosciute, ma così non è stato. Baci abbracci e ancora abbracci e baci, quindi un veloce caffè con pausa pipì (per quanto possa essere veloce una pausa pipì utilizzando i bagni pubblici, che si sa, quelli delle donne hanno sempre una coda della lunghezza inversamente proporzionale a quanto ti scappa in quel momento) e poi via, alla conquista di Milano che nemmeno Alberto da Giussano. Ci siamo fermate a mangiare in un locale mezzo bar e mezza panetteria, insomma, una roba stile spizzico da ricchi, infatti la mozzarella sulla pizza non era di gomma, e poi ci siamo incamminate per corso Garibaldi/Brera, che evitare la marea umana che si aggira in Vittorio Emanuele è sempre consigliabile, specialmente di sabato pomeriggio. In ogni modo, chiacchierando e camminando sono anche riuscita a esibirmi nell’arte dell’inutile shopping, perché di un paio di scarpe in camoscio viola tacco 11 non è che io avessi proprio proprio necessità, diciamocelo. Ci siamo salutate con la promessa di non far passare un altro anno prima di incontrarci di nuovo. E abbiamo anche la “scusa” ufficiale. Una mostra, a Monza. Abbiamo tempo fino al 14 febbraio.