Schwed Racconta

“Montalcino di sorpresa. Un paese, tutto il mondo”, il nuovo libro di Alessandro Schwed


Un libro realmagico(Elisa Manieri, Montalcino News)Lo abbiamo letto quando ancora non viveva a Montalcino, lo abbiamo incontrato, conosciuto per le strade della città del Brunello, poi, nella primavera del 2014, lo abbiamo ascoltato, era la voce narrante del “docu-film “C’era una volta Montalcino”, il lavoro realizzato dalla Montalcinonews e da lui, che ne è stato autore della sceneggiatura (un lavoro realizzato grazie al Lions Club La Fortezza). È  Alessandro Schwed, fiorentino, ma genovese da parte materna e ungherese da parte paterna, tra i protagonisti negli anni Settanta, con lo pseudonimo di Jiga Melik, all’esperienza della celebre rivista satirica “Il Male”, che, oggi, torna a scrivere di Montalcino. Stavolta lo fa con lo strumento del libro, un prodotto reso possibile col patrocinio del Comune di Montalcino e il contributo di cinque cittadini che vogliono rimanere anonimi e, allora, ne pubblichiamo solo i nomi: Andrea, Carolina, Marino, Stella e Stefano. Si intitola “Montalcino di sorpresa. Un paese, tutto il mondo”, il nuovo libro di Alessandro Schwed, un volume che non è un volume ma “una specie di mappa sentimentale, la guida reale e magica di Montalcino”, come spiega Schwed, che vive a Montalcino non da ieri, ma da venticinque anni. Facendo cosa? “Scrivo romanzi, e intanto che lavoro ai romanzi, le giornate rimangono giornate, e così faccio la spesa, passo da vicoli, salite e discese, compro il pane, risme di carta da Alessio ed Elisabetta, vado al mercato e parlo con Gilberto del Vivo d’Orcia mentre vende i pantaloni. Poi passeggio con Hicks, il mio cane, e salutiamo il cane Zorro, oppure andiamo al bosco, dopo le Fonti … io guardo, sento, e nascono racconti di fatti che ci sono e di fatti che non ci sono, realtà e magia nate da una reciproca frequentazione. Io che frequento Montalcino e Montalcino che frequenta me”. E la mole delle parole che Schwed ha scritto è notevole, tra le sue opere i testi teatrali per Donato Sannini, Carlo Monni, Carlo Croccolo, Andrea Kaemmerle. Ha pubblicato: “Non mi parte il romanzo, saranno le candele” (Ponte alle Grazie 1999), “Lo zio Coso” (Ponte alle Grazie 2005), “La scomparsa di Israele” (Mondadori 2008), “Mio figlio mi ha aggiunto su Facebook” (L’ancora del mediterraneo 2010) e “La via del Pavone. Alla disperata ricerca di un pennuto a Roma”. Ha scritto per i quotidiani locali del Gruppo Espresso e per “Il Secolo XIX” di Genova. Collabora con le pagine culturali del “Foglio”. Scrivendo il libro su Montalcino, Schwed ha lavorato su tutto ciò che vede, sente, vive e prova ogni giorno: “nella mia testa si depositano emozioni, fantasie, fatti: i postini che danno del tu e sorridono, il camion della spazzatura che si ferma a fare due chiacchiere, incontri sotto casa con animali che vengono nella notte, si fermano, fanno il loro verso e ti guardano cercando una tua risposta con gli occhi che a volte ridono…poi ci sono le persone con cui sono stato a veglia e mi hanno raccontato la vita, e i racconti sono rimasti  sospesi sopra il paese, in attesa. Allora passi da via Donnoli e ricordi, ad esempio, Vasco l’Arabo che racconta di quando i bambini andavano a trovarlo alla sua bottega di fabbro artista e i bambini entravano, gli chiedevano un soldatino di ferro, e lui glielo faceva”. E se questo è solo una parte del lavoro, quello superficiale, il ritratto che si vede, la superficie più o meno rugosa di un borgo arroccato sulla Val d’Orcia, più in profondità ci sono gli elementi che suscitano emozioni: “quello che incontro andando in giro e che in un certo senso - dice Schwed -  mi permette di farsi scoprire. Orti, glicini, tronchi che spuntano nella macchia, distesi come ponti da un grande sasso alla proda. E il libro è fatto di piccoli pezzi: persone, vie, porta Cerbaia sempre nascosta dietro al muretto del curvone, il profumo zuccherino dell’uva vendemmiata che sale dagli orti e viene in paese, la fragranza del sugo dei pinci che scappa dalle finestre e va in strada, i giorni invernali della buriana quando un uomo scende di corsa in una strada ventosa e vuota e porta a mangiare ai gatti di strada. Allora nascono personaggi e fiabe, e una scrittura adatta a queste fiabe”. Fiabe, come le definisce Schwed, che sono una sorta di “piccola musica montalcinese: racconti ascoltati, colline rigate di vigne, scorciatoie, modi di dire, sorsi di vino, superstizioni. Ad esempio, la fiaba delle sfortune del lupo mannaro, o quella sul colosso di pietra che gira a tarda notte nelle vie con una sciarpa di vigne intorno al collo e annuncia il trascorrere delle ore col suono del campanone. O l’amore tormentato dell’aiutante di campo del comandante spagnolo don Garzia, Roberto do Blanco, che durante l’assedio si innamora di una giovanissima ragazza del paese, quasi una fanciulla”. Ecco la fiaba nella quale il nuovo libro di Alessandro Schwed porterà il lettore, partendo, ovviamente  non è un caso, dalla storia di uno scrittore. “Dunque, c’è questo scrittore - dice Schwed - e un giorno una persona misteriosa gli  fa trovare una busta con alcuni racconti che nel libro appaiono come i racconti di Emme il Colosso. E questo Emme il Colosso propone allo scrittore di aggiungere altre storie di Montalcino e di fare un libro dove si parla di tutto quello che succede ogni giorno nelle vie del paese e in quelle del cuore … Montalcino di sorpresa. Ma non è finita, in valigia ho tante storie, e aspettano di essere raccontate”.