Schwed Racconta

Don Chisciotte / Quando la letteratura solleva in alto gli sconfitti, gli sconfitti brillano con la luna


  Secondo un’interpretazione che ha fondamento solidissimo e pieno di radiosa speranza, Don Chisciotte è invincibile, un vincitore incontrastato. Il suo sogno sgangherato e il suo mondo sentimentale sono eterni, nessuno li può abbattere. Ma nel dirlo col cuore in gola, bisogna fare attenzione a non trascinarsi dentro la metafora senza scrutarla, ad affogare in una pozzanghera e diventare dei bigotti della letteratura, o delle talpe: egli è invincibile in quanto personaggio romanzesco che incarna la figura del sognatore, riscattandola dal pregiudizio quotidiano della sconfitta. È solamente così che Don Chisciotte, che nella vita sarebbe uno sconfitto - solo vedendolo da lontano sarebbe un pazzo, un altro inadeguato, un barbone col sacchetto di plastica che ciondola e grida sui marciapiedi, nessuno sa a chi, uno sconfitto senza appello, uno che si è dimenticato da solo e si dimentica a ogni istante - ebbene costui invece, nel romanzo che per titolo memorabile porta il suo nome, è un vincitore che la grande letteratura umoristica si appresta a salvare, ché l'umorismo è il racconto delle inadeguatezze supportate e sopportate con felicità. Il nostro, quanto nostro!, Don Chisciotte è il protagonista della metafora sublime che Cervantes ha scolpito nella letteratura di tutti i tempi. Altrettanto vincitori, sono i grandi sognatori raccontati dalla letteratura, appunto gli Inadeguati, gli sconfitti baldanzosi e farneticanti sorretti dalla mediazione dell’umorismo. Penso ad esempio a Oblomov, o al buon soldato Sv’eik, o anche all’infanzia a dir poco ardua di Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Che poi Don Chisciotte è un sognatore proprio come nella vita lo sono quelli che offrono devozione, totale credito all’immaginazione: per primi gli artisti, e temporaneamente i bambini – anche loro sconfitti appena diventano adulti e cessano di giocare, e come disse Freud i bambini che non smettono di giocare, fanno gli artisti. Tra i sognatori inserisco per primi i musicisti, che neanche parlano, ma pensa un po’, emettono dei suoni senza un significato verbale preciso, suoni che attengono eventualmente a un sentimento o a un concetto, un’idea, che scrivono nel cifrario numerico del pentagramma che non ha altra traduzione che il suono stesso, una sintesi sensibile e poi però totalmente astratta. E se no ci sono gli scienziati che rincorrono la scoperta senza darsi requie, o i poeti a oltranza come Marina Cvetaeva che lavava i pavimenti per mantenersi a Parigi, sola e in miseria mentre il suo amore, il marito Sergej, era disperso in Russia, perseguitato da Stalin, internato da qualche parte. E io chiedo: fu però Marina la sognatrice, che immaginava versi inginocchiata sui pavimenti lerci di Parigi, fu questa donna una vincitrice nella vita, l’unico spazio che abbiamo a disposizione, quando dovette impiccarsi perché era stanca della sola sofferenza? È dunque possibile, se ci poniamo fuor di metafora, affermare che Don Chisciotte nei suoi duelli con i mulini a vento è un vincitore assoluto? Non credo: la fiaba non esiste solamente per intrattenere, suo compito è indurre a pensare, suo compito è svelare. Chisciotte è eroe irrealistico della letteratura fantastica, non certo un padre Sergio di Tolstoi che, per quanto romanzesco, è il ritratto al naturale di un uomo, nelle giornate un monaco, votato al sacrificio, o se visto cristianamente, al martirio. Per far trionfare il cavalleresco Don Chisciotte, o per far sopravvivere la cavalleria che moriva disprezzata e priva di realtà, fu appunto necessaria la mediazione del grande umorismo, della satira e dell'arte di Cervantes. Fu così che il cavaliere squinternato e il suo scudiero furono felici: in quanto incoscienti, impalpabili e candidi come due nuvole. Fu sublime, fu arte, ma sotto la traccia solcata a ogni rigo, fu pur sempre, e ancora è, amarezza. Questo svela facendoci ridere e sorridere generosamente, e commuovere, Don Quijote de la Mancha.