Schwed Racconta

Come sopravvivere al rullo compressore delle cattive notizie


 Qualcuno deve sbucciare le patate di Alessandro Schwed  (l'Unità, 14-11-2015)Per i notiziari non stop è un’era faraonica. Non smettono mai - è la tv. Noi siamo qui, rapaci, pronta ad afferrare la notizia e masticarla. Il rischio di quest’attenzione dilatata è che la  giornata si disfi sotto i piedi e dimentichiamo di sbucciare le patate – e se non le sbucciamo noi, chi le sbuccerà? Patate, carote, tutto passa in secondo piano quando il serpentone annuncia le dimissioni di una giunta. Siamo rapiti dal misterioso flusso dei Fatti Dappertutto. Per dire, giorni fa era annunciato nel golfo del Messico un tornado con esiti biblici. Naturalmente l’evento è stato illustrato come se fosse avvenuto da un pezzo.  Grazie ai satelliti e ai disegnatori di cartoni animati il montare certosino del  cataclisma è stato preconizzato con animazioni che rendono la morte un gioiello estetico.  E dire che all’inizio quasi non si vedeva. Senza offesa, era una caccola grande come il Belgio. Sembrava un temporaluccio, però attenzione: in poche decine di minuti si sarebbe trasformato in una furia da non parlare d’altro per generazioni. In quel giorno e in quei minuti il signor Tale è davanti a un chilo e trecento di patate da sbucciare, stese sul tavolo di cucina. Intende realizzare un morbido purè. Ma non sbuccia una patata. La faccia è una smorfia di determinazione: il tiggì deve dare frutti. È pronto a ghermire la calamità, e ingoiarla.  Sulla rete all news, a girare il rullo del racconto sono i conduttori. Si alternano alle notizie nel piccolissimo studio: uno parla, gli altri non si vedono, ma ci sono. Discutono, guardano Al Jazeera, Cnn, Bbc: scelgono.  E ora facciamo un salto dall’altra parte del televisore. A casa. La sera della prevista sciagura messicana il Tale è in cucina con le patate da pelare.  C’è tensione tra i fornelli: se la sciagura risultasse inferiore alle aspettative, la sua delusione di telespettatore sarebbe forte, anche se trattenuta per non fare brutta figura. Lui non direbbe mai: “Sono tutti vivi, che noia”. E d’altra parte, quando non c’è neanche un sinistrato,  di che si parla, delle zucchine? E poi, senza notizie continue, buone o cattive, è dura. Al massimo si può fare una scappata alla posta e leccare un francobollo. Quella della teorica sciagura messicana, era una serata da buongustai. Le patate da sbucciare erano sul tavolo di cucina dal tamponamento a catena del mattino. Ed ecco l’aggiornamento: tra poche ore il mare davanti al Messico si alzerà. Ci saranno onde alte decine di metri. Venti a trecento chilometri orari. Anche lo sbucciapatate è sbalordito. La catastrofe è prevista intorno alle ventitré italiane. È una sciagura di quelle comode, non c’è bisogno di restare svegli fino all’alba. Uno guarda i primi flash dell’apocalisse, poi va a letto. Ma regna una grande incertezza: come sbucciare un chilo e tre di patate quando sta per scomparire l’America Centrale? Sai cosa, le patate verranno sbucciate con tranquillità subito dopo la sciagura. Stasera non ci sarà una cena vera e propria. Il Tale non ha il cuore di mettere sul fuoco l’acqua per gli spaghetti, c’è rischio di perdere i primi crolli mentre sta scolando la pasta. No, stasera si digiuna in ricordo delle future vittime. Mezzanotte. Tra tutte le notizie,  arriva la più inammissibile: la furia degli elementi cala. Mentre l’inaudita perturbazione stava raggiungendo la costa del Messico, ha avuto inizio un miracolo che non aveva chiesto nessuno. In due minuti i venti si sono afflosciati da trecentocinquanta a duecento chilometri orari, poi a novanta. Roba da ventilatore. In bocca, un atroce gusto di speranza. L’unica consolazione viene dal nord della Polonia. Una frana ha fermato il treno di Danzica, bloccando la consegna di due tonnellate di pesce fresco, e domani è venerdì. Sul tavolo di cucina giacciono le patate, la buccia sfacciatamente intonsa. Sul teleschermo transita un altro serpentone. La scritta è esplicita: “Scusate, ci sarebbero da sbucciare le patate”. Il Tale va a dormire. È stanco, con tutto quello che non è successo.