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Un blog creato da Jiga0 il 21/11/2010

Schwed Racconta

Su e giù per la tastiera

 
 

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JIGA MELIK E IL SIG. SCHWED

 

Jiga Melik è l'alter ego intermittente dello scrittore Alessandro Schwed. Il signor Melik nasce nel 1978 nella prima e provvisoria redazione del Male, un ex odoroso caseificio in via dei Magazzini Generali a Roma. Essendo un falso sembiante di Alessandro Schwed, Jiga Melik si specializza con grande naturalezza nella produzione di falsi e scritti di fatti verosimili. A ciò vanno aggiunti happening con Donato Sannini, come la consegna dei 16 Comandamenti sul Monte dei Cocci; la fondazione dell'Spa, Socialista partito aristocratico o Società per azioni, e la formidabile trombatura dello Spa, felicemente non ammesso alle regionali Lazio 1981; alcuni spettacoli nel teatro Off romano, tra cui "Chi ha paura di Jiga Melik?", con Donato Sannini e "Cinque piccoli musical" con le musiche di Arturo Annecchino; la partecipazione autoriale a programmi radio e Tv, tra cui la serie satirica "Teste di Gomma" a Tmc. Dopo vari anni di collaborazione coi Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, Jiga Melik finalmente torna a casa, al Male di Vauro e Vincino. Il signor Schwed non si ritiene in alcun modo responsabile delle particolari iniziative del signor Melik.

 

 

 

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Il regno delle collezioni è a Las Vegas

Post n°108 pubblicato il 16 Settembre 2015 da Jiga0
 

 

Avere tutto 

di Alessandro Schwed (l'Unità, 16 settembre 2015)

Las Vegas, capitale del gioco. È qui che si comprano e vendono oggetti di ogni dimensione ed epoca ogni giorno: in un gigantesco negozio, pronipote dell’antico banco dei pegni, il Pawn Stars, regno delle collezioni. Tre generazioni di Harrison: il vecchio, che a quanto pare è il Vecchio; poi suo figlio, che ha tutte le responsabilità, eppure è detto la Volpe; e il giovane nipote, lo Smilzo, che smilzo non è, ma figlio e nipote. La gente entra qui dentro per vendere un cappello alla David Crokett, dei calzoni usati da John Wayne o un carretto per gli hot dog. Di solito fai il tifo  per la gente che entra, ma a volte gli Harrison sono così simpatici che tifi per loro. Il negozio è un corridoio infinito di vetrine stracolme di oggetti. Sembra la collezione di un mostro onnipotente: archibugi, antichi frigoriferi, idranti, collane d’oro, la prima edizione americana di “Ventimila leghe sotto i mari”. L’eccentrico commerciabile. Una rarissima bottiglia di birra, una Buick station vagon celeste e bianca del 1956, i suoi paraurti sono ancora lucenti. È qui che trasporta da anni la Tv, ora con Cielo, ad “Affari di famiglia”, dal lunedì al venerdì alle 20.10. Alla direzione del negozio, con gli Harrison, c’è anche un ragazzo, l’aria di uno capitato per caso: tra il commesso e uno scugnizzo infastidito dalle regole.  È Chumlee, compagno di scuola dello Smilzo. L’hanno tirato su e gli vogliono bene. Poi trenta commessi e gli uffici per firmare i documenti. Qui, entrano tipi qualsiasi, star, casalinghe, gente rovinata mezz’ora prima al tavolo verde. Nessuno si scandalizza. Il Vecchio è un bucaniere sornione. Scortica il figlio, il nipote e Chumlee con battute al vetriolo. Ne ha viste. Ricorda Walter Matthau nei film di Billy Wilder. Ogni tanto il figlio lo ammorbidisce regalandogli una Chevrolet restaurata. Perchè la Volpe, poveretto, è tra due fuochi: il Vecchio, pronto a segare ogni affare che non sia un guadagno crudo, e gli azzardi dello Smilzo (100.000 follower su Twitter), alla caccia ad esempio di una partita di centinaia di scarpe da ginnastica di gran marca, vendute le quali tra due tre anni, secondo lui, ci sarà un guadagno di duecentomila dollari. Chumlee osserva, sconcertato che la vita non passi i soldi automaticamente e lui debba lavorare. La Volpe intanto manda avanti la baracca: compra, insegna ai ragazzi e sa la storia degli Stati Uniti: il cinema americano, la musica americana, la storia delle auto americane e delle armi americane. Ma anche delle chitarre elettriche e delle monete. Gli spiace dire no a chi entra per vendere, ma lo dice anche se con la faccia contratta: no. Conserva in sé qualcosa della giovinezza e in una puntata suona, male, la chitarra elettrica col cantante degli Who. Spiega gli oggetti, lo fa per i telespettatori, ed è difficile non notare il tempo breve della storia americana. Quanto per noi comincia con Achille e Patroclo dipinti su un’anfora di tremila anni, a Las Vegas inizia col primo modello di pistola a tamburo, ottomila dollari se la canna non è rovinata. Ma ci sono parametri diversi anche tra gli Harrison. Magari per il Vecchio il vertice è la battaglia di Alamo, 1836, contro i messicani, per lo Smilzo uno skateboard degli anni ‘90. Per lui ciò che è, o è stato trendy, zainetti, una scatola di wafer, vale come uno scudo della battaglia delle Termopili. La sola asprezza è quella sui margini di guadagno, una dialettica civile ma cruda. La gente reagisce elastica. Chi entra qua dentro, fa il suo gioco senza problemi.  “Questo antichissimo calamaio è del 1941. Era del nonno e ha un enorme valore affettivo. Lo vendo solo per regalare una vacanza a mia moglie”. “A quanto lo vuoi vendere?”. “7000 dollari”. “Capisco, ma è sbrecciato. Ti posso dare 700 dollari”. “Va bene”. Nei casi difficili, arrivano gli esperti: periti di pittura cubista, di napalm, di bottiglie di bibite. A stabilire se una giacca era o no di Nixon come attesta la foto in bianco e nero allegata alla giacca, e sul mercato valga i 15.000 dollari di chi colleziona i vestiti dell’ex presidente. Una cravatta di prima dell’impeachment può valere una fortuna. 

 

  

 

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