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Dell'invidia Del pene (di uno ben preciso)

Post n°7 pubblicato il 24 Luglio 2011 da max_e_shark
 

Freud disse: "le ragazze sentono profondamente la mancanza di un organo sessuale di egual valore a quello maschile, esse si considerano inferiori e l'invidia del pene è il motivo principale di un certo numero di caratteristiche reazioni femminili".

Poi si calò le braghe in previsione del mensile dovere coniugale casalingo.

Sua moglie lo guardò a lungo, con quell'aria pietosa e carica di commiserazione che normalmente si riserva ad un parente alla lontana e gli disse: "Sigmund, tu la devi smettere di sniffare la colla. Ho capito che non te ne frega una fava di quello che ti dicono i tuoi pazienti, ma quella roba ti sta friggendo il cervello!".

E guardandolo dritto nelle palle...degli occhi, disse: " E poi, io, dovrei invidiare quel lombrichetto?" E con una tipica caratteristica reazione femminile simulò un atroce mal di testa e si immerse nella lettura di un best seller appena uscito, Guerra e Pace.

Anni dopo, due giovani attori italiani, in un dialogo tratto dal film Santa Maradona, misero a fuoco più chiaramente il tema dell'invidia del pene.

Fu subito chiaro l'equivoco freudiano. Non erano le donne ad invidiare il fringuello: esse infatti con un minimo sforzo potevano procurarsene uno di dimensioni, colore, forma e consistenza a piacere. Erano bensì gli uomini ad invidiare chi poteva primeggiare in termini di prestazioni, dimensioni e di frequenza di utilizzo.

Nacquero in quel periodo due concetti destinati a devastare la psiche dell'uomo moderno: l'ansia da prestazione e la cosiddetta fobia dimensionale.

Quest'ultima originata probabimente dalla prima donna che con aria consolatoria, butto lì distrattamente, rivestendosi, la frase: "ma non sono mica le dimensioni che contano!".

Quando viene pronunciata questa frase, nei 5 minuti successivi, qualsiasi oggetto tenuto in mano dalla donna diventa un parametro dimensionale: un'accendino, una sigaretta, un tappo da champagne, uno zucchino, una mazza da baseball, uno stuzzicadenti. E' un fatto psicologico: consigliamo alle donne all'ascolto, in questi casi di mettere le mani in tasca o di tenere le braccia conserte.

Per l'ansia da prestazione la medicina venne in soccorso dell'uomo moderno: una casa farmaceutica americana scoprì che un farmaco creato per l'Angina Pectoris non curava affatto l'Angina ma produceva nei pazienti maestose erezioni. Per qualche tempo le infermiere del centro di sperimentazione nascosero la notizia, ma il fatto che girassero sempre col sorriso stampato sulla faccia insospettì il direttore della ricerca che visitato un paziente scoprì che il poverino continuava a tossire ma col lenzuolo sollevato di ben 20 cm all'altezza dell'addome. Era nato il Viagra.

Che l'1% della popolazione si fa prescrivere dal medico e il 99% acquista su internet da improbabili ditte svizzere ma con sede a Mumbai o Bangalore. In pratica il 99% per cento dei consumatori di Viagra consuma un farmaco composto da acqua del Gange, zucchero, colorante blu e bicarbonato. Il resto del principio attivo ce lo mette la testa: si chiama effetto placebo. E' una copertina di Linus che ci fa sentire sicuri ed in questo caso virili: non a caso il colore è azzurro, simbolo di serenità e cieli azzurri ed anche dei teletubbies.

Con la pillolina scomparve l'invidia del pene ma si ripropose il problema delle caratteristiche reazioni femminili. Se infatti con la pillola l'ometto può andare avanti tre o quattro ore come un martello pneumatico, non è detto che la controparte abbia tutta questa voglia di trastullarsi per tutto quel tempo: soprattutto se a fronte della quantità, non è cambiata per nulla la qualità dei rapporti...

Ora aspettiamo il Viagra per le donne. Ci sarà da ridere.

 
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