Sciarconazzi

140905 # 4 - IL VELENO


Attraverso lo spiraglio della finestra aperta, insieme alla lieve brezza del mattino, fluivano i suoni della strada. Il giardino, detto "Dei Misteri", coi cespugli e gli antichi alberi, ne filtrava il rumore. La cucina sonnecchiava ancora nella semioscurità mentre l'orologio a muro scandiva regolari secondi come un sano battito cardiaco. Sulla vecchia credenza tarlata un verde, oblungo oggetto anonimo svettava tra il cesto del pane e il barattolo dello zucchero. Si sarebbe potuto pensare che fosse sorto durante la notte come un alieno in un mondo straniero. Curiosamente la bottiglia non aveva un tappo il che ne amplificava il senso di disordine e inadeguatezza in mezzo all'ordine pulito della credenza. Una riga scura scendeva dalla bocca lungo il collo, giù fino alla base. Nella penombra della dispensa si sarebbe potuto pensare che fosse inchiostro, tanto era nera. Ma chi avrebbe messo dell'inchiostro in una bottiglia di vino? Era una renana, la classica bottiglia verde da vino bianco. Un raggio di sole filtrò attraverso le fessure della tapparella e colpì quella riga scura che scintillò. V'era un fondo di nero. Forse dovuto al verde scuro del vetro. Quando l'angolatura del raggio di luce cambiò, il pastoso intruglio mandò riflessi ambrati, un colore che sapeva di dolce, un colore caramello, caramello scuro. Distrattamente una mano afferrò la bottiglia per deporla nel lavello accorgendosi troppo tardi del liquido che l'aveva impiastricciata. Una voce imprecò turbando la cucina assonnata e l'acqua scrosciò dal rubinetto. Quella mano non si pose sul tavolo a mezzogiorno.