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GLI STUDENTI E LA DOPPIA ELICA

Post n°6 pubblicato il 10 Maggio 2009 da redspider64
 

JAMES D. WATSON (premio Nobel insieme a Francis Crick e Maurice Wilkins per i loro studi fondamentali sul DNA) E' STATO A NAPOLI ALL'UNIVERSITA' FEDERICO II, VENERDì 8 MAGGIO 2009.

foto James D. Watson

Ecco il resoconto appassionato, coinvolgente e sincero di questo eccezionale evento, scritto dalla dottoressa Gaia Monti, ricercatrice dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", presso il Secondo Policlinico.

L'ho letto tutto d'un fiato e mi sono commosso. Il sapere che colui che ha spiegato al mondo intero come è fatto il DNA, il grande Watson, è stato in visita a Napoli, nell'Università dove mi sono laureato, è per me un'emozione indescrivibile.

Perciò sono stato davvero molto felice che la dottoressa Monti abbia accettato di pubblicare la sua relazione sul blog, perchè ritengo che sia riuscita, in appena due pagine, e con la maestria di una divulgatrice professionista, a centrare l'obiettivo: chi legge comprende perfettamente che si sta parlando di un personaggio straordinario. Di un uomo dal talento non comune, che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca scientifica, raggiungendo risultati che hanno cambiato per sempre la biologia.

Poi, sul contrasto stridente, tra l'eminente studioso e alcune "personalità" dell'ambito scientifico napoletano, descritto in modo così realistico e divertente, preferisco tacere e lasciare l'ovvio giudizio a voi studenti.

Leggete quindi quanto segue e fatene tesoro. Non vi troverete complesse lezioni di chimica o biologia, ma la descrizione di un grande uomo di scienza che dopo decenni ancora ricorda il suo stupore di fronte alla "semplicità" della struttura del DNA, ("so simple, so linear, so pretty"). E in definitiva, un grande messaggio per ognuno di noi: "have great dreams, not small ones!"poniamoci alte mete e adoperiamoci con tenacia e disciplina per raggiungerle. Questo grande Maestro non avrebbe potuto donare a noi tutti uno spunto di riflessione più fecondo.

Grazie Gaia per averci raccontato tutto ciò.

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Dal II Policlinico al corso Umberto I la strada non è breve. Io e le ragazze che fanno la tesi nel mio lab decidiamo di muoverci un paio d'ore prima. Non ho dovuto insistere troppo per convincerle a partecipare alla conversazione di James D. Watson* nell'aula magna storica dell'Università, mi hanno seguito entusiaste.
Quando facevo il dottorato, la nostra coordinatrice doveva minacciare punizioni corporali per riuscire a trascinare noi giovani ad una conferenza o ad un corso. Oggi so che tutta l'attività a cui mi ha costretto ha sicuramente contribuito a vivacizzare il mio cervelluzzo, ma allora me ne rendevo scarsamente conto. Le ragazze del mio laboratorio sono invece naturalmente inclini a partecipare. Mi sembra un buon segnale.
Lo erano anche l'anno passato, quando avemmo improvvisamente la soffiata di una conferenza di Rita Levi Montalcini nell'aula magna del CEINGE, a due passi dal nostro edificio. Ci avviammo trepidanti con i nostri quaderni degli esperimenti sotto il braccio, nella speranza di poterceli far benedire con una Sua firma, ma arrivammo troppo tardi e riuscimmo solo a vederla in videoconferenza, tanta l'affluenza e la folla.
No, per Watson ci muoviamo due ore prima, è deciso!
Arriviamo in centrale verso le 14 e 15, le ragazze si guardano intorno abbastanza meravigliate. Vivono tra il cemento del policlinico o le modernità di Monte Sant'Angelo e, ad esempio, le scale o l'aula della Minerva non le hanno mai viste. Io, invece, entro in un feedback proustiano non molto dignitoso ma quanto mai divertente.
Siamo in ritardo, l'aula è già piena e, sgattaiolando come vere napoletane, guadagniamo un posticino in piedi in un corridoio laterale. L'aula si riempie ancora, probabilmente non era stato previsto un "servizio di sicurezza". Pare di essere ad un concerto, caldo, aria pesante e ragazzi, ragazzi ovunque. Età media complessiva : non più di 25 anni secondo me, tenendo conto dello scarso numero di professori presenti, rispetto agli studenti. Scorgo il mio professore di biochimica, una persona a cui devo molto, e poi alcuni dei Prof del mio vecchio dipartimento. Nonostante tutto, rivederli è sempre piacevole, per me è sempre una festa (e Proust gongola).
Ma i ragazzi ... i ragazzi sono centinaia! Alcuni forse non molto acculturati ma pieni di entusiasmo. Una ragazza accanto a me legge l'iscrizione che campeggia sulla parete:
"MCCXXIV... che significa?"
E la sua amica fa: "1924!"
Cax, lo sanno tutti che la nostra Università è del 1200! Vattene per un'idea! Si chiama "Federico II"!!! Alla mia destra, invece, si discute del ruolo un po' dimenticato della Franklin* negli esperimenti che hanno portato Watson e Crick al premio Nobel.
Entra il drappello delle personalità, Watson è tra loro, altissimo e veramente molto, molto anziano.
Prende la parola il Magnifico:
"Ragazzi, fate silenzio!! Ma se vi portavo Lavezzi, quanti eravate????"

Magnifico mio, come sono addolorata!!! Perdonami, in qualche modo sei sempre il mio più alto superiore, ma questa cosa non posso tenermela.
Vedere tutta questa gioventù accorrere così copiosa per ascoltare le parole di un premio Nobel che ha cambiato il corso della storia della biologia è senza prezzo. Nessuno ha costretto questi ragazzi. Non è per mania di protagonismo, non hanno bisogno di farsi vedere lì dai loro per lo più assenti professori. Non è per sfizio: non canta Pino Daniele, non si gioca una finale di coppa UEFA. Non riceveranno crediti formativi, non c'è un attestato alla fine della giornata. E, infine, diciamocelo alla napoletana: quando mai si "è portato" andare alle conferenze??
E i ragazzi sanno anche che non assisteranno ad un'alta lezione di biochimica, non c'è il tempo, non è il luogo. Sono lì per ricevere qualcosa dalle parole di un grande. Evidentemente ne hanno bisogno, evidentemente i loro miti non sono solo cantanti e calciatori.
Forse i loro professori hanno saputo farli appassionare così tanto alle materie che spiegano da generare in loro un nuovo personaggio cult che non sia "El pocho"?
Forse non sono stati indotti affatto alla passione e in questo clima di sfascio scientifico italiano cercano comunque, da soli, un personaggio di riferimento?
L'applauso forte, scrosciante, lunghissimo che è nato spontaneo all'apparire della sagoma di Watson è testimonianza che, per un motivo o per un altro la ricerca c'è.

E quindi, caro Magnifico, le tue parole mi hanno fatto cadere le braccia. Secondo me questa moltitudine vociante e colorata meritava maggiore rispetto. E' vero, spesso non abbiamo un'alta considerazione di questi ragazzi sempre meno impegnati, sempre meno riforniti di cultura dalla scuola. Spesso ne critichiamo i gusti, i passatempi. E allora, caspiterina, una volta tanto che si aggregano per Watson direi che si debba gioire. L'anno scorso, ad esempio, la Montalcini spese bellissime parole proprio per questo motivo e tu, Magnifico???
Forse la tua era solo una battuta ma, direi, in questo periodo le battute lasciamole tutte ad altre personalità.

E poi c'è un'altra cosa, Magnifico. Perché lasciare intervenire in lingua inglese un alto rappresentante di una delle nostre più brillanti istituzioni scientifiche se ... l'inglese non lo sa???
Ma voi, sommi esponenti della scienza napoletana, non usate più sottoporvi ad un minimo di controllo interno? E seppure fosse stato indispensabile parlare in inglese, non si poteva optare per un esponente meno prestigioso ma con una conoscenza della lingua almeno decente? Oppure mettere a disposizione del Direttore qualcuno che gli facesse imparare a memoria la pronuncia del suo discorso e gli impedisse di dire cose tipo:
"Vatsòn is a chind ov scienti"?
No, perché De Mita, inquel vecchio e famoso spot pubblicitario, al confronto sembrava anglofono ...

Ma torniamo a Watson.
Il suo è stato un discorso breve, semplice, diretto, ha raccontato il passato pur dichiarando di preferire molto di più il futuro. Ha raccontato dello stupore per la scoperta della struttura del DNA
"so simple, so linear, so pretty"
Ci ha pensato lui ad incoraggiare i ragazzi dicendo:
"Have a great dreams, not small ones".

Una delle mie tesiste l'ha scritta a grandi caratteri su un foglio ed ha rincorso Watson fino a che non è riuscita a farsela autografare.


* James D Watson ha 81 anni. Nel 1953 (all'età di 25 anni) pubblica insieme a Francis Crick "Molecular structure of nucleic acids.(a structure for deoxyribose nucleic acid)" Nature 4356:737 che nel 1962 gli varrà il Premio Nobel (condiviso con Francis Crick e Maurice Wilkins). La brillante deduzione della struttura del DNA si è basata su precedenti e non meno brillanti scoperte e su gli indispensabili risultati della ricerca di Rosalind Franklin.
Watson è sempre stato una voce fuori dal coro, conosciuto per le sue opinioni franche riguardo a politica, religione e ruolo della scienza nella società (Wikipedia). Opinioni spesso molto discusse e non sempre condivisibili.
Resta il fatto che la scoperta della struttura del DNA ha profondamente influenzato il cammino della ricerca scientifica dagli anni '50 ad oggi.

 

 
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