E quest’ultima parte del giochyno di scalza mi diverte proprio. Perché mi fa tornare indietro nel tempo, quando davvero qualcuno mi diceva quante battute dovevano essere. E non c’era troppa libertà nelle righe e negli spazi. Un giorno imparai a comprimere o allargare il carattere, ad ampliare le didascalie, ad allungare i riquadri, ma poi i grafici si arrabbiarono e dissero che la cosa stava scivolando nell’anarchia. E tornammo a contare. Loro a impaginare. Poi arrivava qualcuno e diceva guarda quante vedove e quante orfane. E mi piazzava pagine in mano da risistemare, con amore. Perché ci vuole amore anche in queste cose. Perché vedove e orfane non si lasciano mai sole, ma non sempre togliere gli avverbi è la strada giusta. Perchè un conto è la ridondanza e un conto le sfumature. L’una la combatti. Le altre le cerchi.Da qualche anno nessuno mi dice più quante battute. Nè io lo dico ad altri.Perché qui il limite è dato dal tuo occhio.Da quel meccanismo che ti fa dire che no, così è troppo lungo. E nessuno andrà mai oltre quella parola o quella riga.Il limite è dato da te stesso, che ti domandi quanto e se tu riusciresti a leggere. Quanto e se riusciresti ad andare avanti senza dover stampare la pagina che hai sotto gli occhi. E da lì decidi.Decidi anche altre cose, secondo meccanismi diversi da quelli che hai utilizzato per anni. Perché le logiche cambiano.E titoleggi in modo meno allusivo.E sommarizzi in modo più sommario.Perché sai che l’obiettivo è diverso.L’obiettivo è un click. Uno scroll. Un avanti. E un po’ li vuoi quei click e quegli avanti. Poi arriva qualcuno a fine mese e ti racconta tutto. Quante pagine, quanti click e quanti minuti. E fa paura pensare quante cose puoi sapere, se solo vuoi. Da dove vieni. Dove vai. Qual è il tuo percorso. Che rotta segui. E in quali porti approdi. Soprattutto a quale punto decidi di sbarcare. E un po’ ti domandi dove sta, allora, la tua libertà. Dentro te stesso. Forse. E nell’amore con il quale scegli di vivere. Te stesso.
Giochyllo scalzyco - delle 357
E quest’ultima parte del giochyno di scalza mi diverte proprio. Perché mi fa tornare indietro nel tempo, quando davvero qualcuno mi diceva quante battute dovevano essere. E non c’era troppa libertà nelle righe e negli spazi. Un giorno imparai a comprimere o allargare il carattere, ad ampliare le didascalie, ad allungare i riquadri, ma poi i grafici si arrabbiarono e dissero che la cosa stava scivolando nell’anarchia. E tornammo a contare. Loro a impaginare. Poi arrivava qualcuno e diceva guarda quante vedove e quante orfane. E mi piazzava pagine in mano da risistemare, con amore. Perché ci vuole amore anche in queste cose. Perché vedove e orfane non si lasciano mai sole, ma non sempre togliere gli avverbi è la strada giusta. Perchè un conto è la ridondanza e un conto le sfumature. L’una la combatti. Le altre le cerchi.Da qualche anno nessuno mi dice più quante battute. Nè io lo dico ad altri.Perché qui il limite è dato dal tuo occhio.Da quel meccanismo che ti fa dire che no, così è troppo lungo. E nessuno andrà mai oltre quella parola o quella riga.Il limite è dato da te stesso, che ti domandi quanto e se tu riusciresti a leggere. Quanto e se riusciresti ad andare avanti senza dover stampare la pagina che hai sotto gli occhi. E da lì decidi.Decidi anche altre cose, secondo meccanismi diversi da quelli che hai utilizzato per anni. Perché le logiche cambiano.E titoleggi in modo meno allusivo.E sommarizzi in modo più sommario.Perché sai che l’obiettivo è diverso.L’obiettivo è un click. Uno scroll. Un avanti. E un po’ li vuoi quei click e quegli avanti. Poi arriva qualcuno a fine mese e ti racconta tutto. Quante pagine, quanti click e quanti minuti. E fa paura pensare quante cose puoi sapere, se solo vuoi. Da dove vieni. Dove vai. Qual è il tuo percorso. Che rotta segui. E in quali porti approdi. Soprattutto a quale punto decidi di sbarcare. E un po’ ti domandi dove sta, allora, la tua libertà. Dentro te stesso. Forse. E nell’amore con il quale scegli di vivere. Te stesso.