Sconfinando

Della terra


Ha le mani grosse, ruvide, un po' sgraziate. Di chi nella vita di carte forse ne ha passate poche, ma di terra ne ha vangata tanta. E un amore per la sua terra che lo porta a decidere che no, non possiamo tornare a Milano senza aver visitato le grotte. Anche se l'orario di visita č passato. Anche se noi abbiamo solo buttato dentro il naso per capire se c'era una possibilitā, malgrado l'ora.Chiude l'ufficio - faccio il volontario qui - afferra un mazzo di chiavi e si incammina. Noi dietro, scolari disciplinati.Prende intorno a sč le bimbe e inizia a raccontare. Di una storia nella quale c'entra Roma. E di un signore che si chiamava Giulio Cesare. Che davanti a quel fiume qualche chilometro pių gių pensō bene di tirare un dado.E poi guardate. Le chiamano tufacee. Toccate. Vi sembra tufo? A me sembra sabbia. Anche a me. Anche a me. Arenaria. Ah si, arenaria.E i soldati di Cesare. Ma forse anche qualcuno prima. E lo Stato Pontificio. E la Lombardia con gli austriaci. E poi la guerra. I bombardamenti e i renitenti. Il rifugio e le scorte di viveri. Le bambine a bocca aperta. Domandano domandano senza sosta.Lui si ferma. Ma come mai siete venuti qui? Lui č di qui, indichiamo G. Di nuovo la luce nello sguardo.E come fai di cognome?G. risponde come e' uso nei paesi. Mio padre era il figlio della maestra T. E il fratello del Lallo del frantoio.Ride. Conoscevo tuo nonno. Quel signore che dopo la guerra pensō di chiamare alle grotte il responsabile degli scavi di Pompei era suo amico. Il figlio di quello che stava giu' verso Santa Giustina, ai mulini.Nei paesi, per fortuna, č ancora cosė.