Sconfinando

Casa di bambola


Unica femmina in una casa in cui tutti gli altri bambini erano maschi, con le bambole ho sempre giocato poco. In compenso sapevo giocare alle figu ed ero anche bravina. Anche con i tappi me la cavavo. Qualche volta provavo a giocare agli indiani, ma se il mio ruolo era quello della squaw nel tepee lasciavo perdere. Questo non significa che le bambole non mi piacessero, nč che non mi piacessero tutti gli ammenniccoli che vi giravano intorno. Tanto che, mi ricordo, ritagliavo dai giornalini casette, biberon, passeggini e accessori e - questo si - mi raccontavo bellissime storie con le bambole di carta. Che a questo punto avevo tutte, dal Cicciobello in su e in gių.Per le case delle bambole avevo un debole, non avendone mai posseduta una. E credo che in fondo mi sia rimasto, visto che ieri mi sono soffermata a studiare questa casa di bambole, esibita al CeBit di Hannover da Ibm per dimostrare un corretto utilizzo energetico, che evidentemente ha mandato in visibilio anche Angela Merkel.Con le mie bambine, la casa delle bambole č stato per anni un bellissimo gioco. Ne abbiamo costruite tante, grandi e piccole. Con gli scatoloni, con le scatole delle scarpe, un paio con le scatole di legno da vino. Ogni volta armate i tempere, pennelli di tutte le dimensioni, ritagli di stoffa e materiali di recupero. Ci mettevamo settimane, per quelle pių grandi, di solito nei week end invernali. E il momento pių divertente era studiare l'arredamento: gli architetti pių in voga ci hanno sempre fatto un baffo. Quelle case poi sono andate distrutte dall'uso o regalate: credo che quelle di legno siano in dotazione alla scuola materna. A noi ne č rimasta una, piccola, quadrata. Con una finestra fiorita e un balconcino con qualche vasetto sbilenco. Ha le tende gialle e giallo č anche il tavolino in cucina. E'la casa di Bobo, un orsacchiotto di pasta di mais che le maestre di Giulia regalarono a ogni bambino della classe il primo giorno di scuola. Quella non si butta. Nč si butterā.