Sconfinando

La lunga notte


Va bene. Ci sto prendendo gusto. Questo gioco è carino. E poi, davvero, nessuna velleità. Conosco i miei limiti.Questa volta l'incipit viene da La Chambre d'Isabeau. Eccolo:E' libero?Il ragazzo, affannato, si lascia cadere sulla poltroncina del treno. Si guarda attorno con aria sconvolta , ignorato dagli altri passeggeri.Questa notte sono stato in chiesa a pregare, esala rivolto al nulla.Si appoggia allo schienale e chiude gli occhi, mentre il treno si mette lentamente in moto. Respira ancora un po' affannato, mentre le immagini della sera prima gli scorrono nella mente, flash impazziti proiettati al ritmo del treno.Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.Volti, sguardi, parole, quel pugno sbattuto sul tavolo, il bicchiere caduto e quella macchia di vino a segnare un pavimento che chissà per quanto tempo nessuno pulirà più.Regolare la marcia, regolare il respiro. E le immagini si fanno pensieri. Fluidi.In fondo cosa c'era ancora da dire. Parole ne aveva dette e sentite per ore.E quelle non dette le aveva viste tutte negli occhi di suo padre e di sua madre.Vergogna, dolore, umiliazione. Incomprensione. Incapacità di capire. Di credere. Di accettare. E quel senso del peccato così dolorosamente evocato da sua madre e così duramente invocato da suo padre. L'ombra del castigo divino. Della lunga mano di Dio.Ore di parole e quell’ultimo gesto. Le chiavi di casa gettate sul tavolo, la porta richiusa dietro le spalle, la strada e l’unico luogo possibile. L’unica persona possibile. Lui che sapeva, che da anni sapeva, senza mai condannare. Lo aveva chiamato, malgrado l’ora e si erano ritrovati lì, su quelle panche, davanti all’altare.”Lo han saputo ed è come le ho sempre detto, padre. Gli faccio schifo. Dev’essere per forza sordido, squallido. Nessuna possibilità, nessuna alternativa. Ho lasciato la casa e tutto – ride amaro -. Mi ci vede padre? Io che faccio il grand’uomo e non so nemmeno dove andare”.Alla fine era rimasto lì, senza più parlare. Lunghe ore, da solo. Lui, il silenzio e quel vago odore di cera e incenso. Aveva pregato, senza sapere chi o come. Ripetendo ossessivamente il suo aiutami, aiutali, aiutaci.Al mattino il vecchio prete era tornato, con in mano una borsa, i suoi documenti e una lettera. ”E’ di tua madre”Poche parole: un indirizzo, il nome di un amico di famiglia da tempo trasferito in Toscana. E le ultime due righe:Prendi tempo. Dacci tempo. Poi torna. Ti aspettiamo. Con amore, capiremo.