Sconfinando

[In]Fedel.mente


Mi rendo conto di non essere esattamente la più titolata a scriver di questi temi. E mi rendo altresì perfettamente conto che le mie più o meno fondate considerazioni nulla possono rispetto a ciò che è, resta e deve restare un puro atto di fede.Domani entra in vigore il Motu Proprio Summorum Pontificum con il quale il Papa ha liberalizzato il messale preconciliare. Il che significa che non sarà necessaria autorizzazione vescovile per celebrare la messa secondo il rito vigente prima del Concilio Vaticano II. Che poi in realtà non vi fosse divieto, ma una predominanza della consuetudine della messa conciliare, mi sembra un sofisma da addetti ai lavori.Quando la notizia uscì lo scorso mese di luglio, come molti, credo, anche io mi soffermai su quell'aspetto della liturgia in latino, che mi ricordava comunque le preghiere biascicate in un'improbabile lingua dalle mie nonne, digiune di lingue antiche, ma ricche di fede. In realtà la questione non è solo o semplicemente linguistica. E' tutta l'impostazione del rito che cambia, con differenze radicali nel ruolo del celebrante e dei fedeli. Viene meno, di fatto, l'idea assembleare, quel "pregare insieme" che, unito alle preghiere dei fedeli e allo scambio del segno della pace, fa della messa un momento nel quale la comunità si riunisce intorno all'altare, insieme al sacerdote. Nella messa preconciliare il sacerdote dà le spalle alla comunità e dunque si mette idealmente alla guida di essa. Il pastore e il suo gregge. Che deve dunque porsi in atteggiamento di sequela. E, di conseguenza, seguire. Ed è questa sequela [in]dottrinata che mi lascia perplessa. La fede è un moto dell'anima e non ha bisogno di comprendere, me ne rendo conto. Ma perchè accentuare le distanze?