Sconfinando

Voglio la Kamchatka


Credo che la fase-Risiko sia comune a molti della mia età. Abbastanza grandi per star fuori la sera, ma senza soldi sufficienti per poterla trascorrere in qualche locale, finivamo per rifugiarci a casa di quelli con i genitori più compiacenti. E si stava lì a chiacchierare fin che qualcuno non tirava fuori la scatola del Risiko. Rapida la divisione in squadre, rituale l'assegnazione dei colori. Mio fratello non avrebbe mai ceduto il giallo, così come il nero era appannaggio esclusivo di un altro amico. Credo, a ripensarci a distanza di anni, che avessimo un modo ben bizzarro di giocare. Condito di insulti irripetibili e di fissazioni maniacali. Come quella, del giallo e del nero, di volere Jacuzia e Kamchatka a prescindere dai loro reali obiettivi. A rischio di perder la partita, per altro. In teoria, una volta assegnati gli obiettivi, iniziava la noiosissima fase della pianificazione strategica. Si confabulava, tra compagni di squadra, su quanti carrarmati muovere e contro chi. Quante armate posizionare in un territorio e quante in un altro, magari evitando di far capire agli avversari che del Madagascar non ti importava una cippa perchè in realtà dovevi distruggere i blu. Poi, dopo tanti conciliaboli, che riprendevano pressochè ogni tre/quattro giri, il gioco finalmente iniziava. Dado rosso e dado blu. Muovo sei su Venezuela. Rispondo con sei. Ho appena finito di leggere il giornale, ecco.