Sconfinando

Dell'immaginario immaginato [e vissuto]


A Berlino non ero mai stata. Ne avevo letto, visto, sentito nei racconti e nelle poesie, nelle canzoni e nelle immagini. Quelle di una notte di diciannove anni fa, incollati davanti a un televisore che ci raccontava un mondo che cambiava. Sono state una benedizione quelle poche ore strappate tra l'arrivo in aeroporto e l'inizio dei lavori. La porta di Brandeburgo, Unter den Linden, giù giù fino ad Alexanderplatz, passando per una Babel Platz così luminosa da render ancor più inimmaginabile il rogo dei libri in quella notte buia. Il muro qui è ricordo, ma anche business spicciolo. Sbriciolato, a dire il vero, in frammenti colorati inseriti in cartoline e gadget che sbucano ovunque. Così numerosi che vien da domandarsi se davvero ce ne fosse così tanto. O se in realtà basta un grammo di cemento per far reliquia. A cena con una collega francese ci troviamo catapultate in una zona dell'ex Ddr, dopo aver dribblato con perizia i consigli del concierge, intenzionato a proporci locali molto trendy, ma irrimediabilmente italiani o francesi. La cucina è tedesca doc, per quanto di doc si possa parlare. Il locale freddino, ma evidentemente è così che si dev'essere se proprio trendy si vuol diventare. Per fortuna i nostri vicini di tavolo di questa freddezza non han nemmeno l'ombra e ci raccontano di una Berlino che cambia, di un quartiere, quello nel quale ci troviamo, che si riempie di locali che promuovono una movida in chiave mitteleuropea. Una Berlino che incoraggia il turismo, anche quello d'affari. E i due tedeschi del tavolo a fianco son quasi più rammaricati di noi quando confessiamo che il nostro è ancora meno di un mordi e fuggi. Dovete tornare. Ja, sicher!