Sconfinando

Idiosincrasie a mezzo stampa


Lo confesso e non se n'abbia a male nessuno, per favore. Odio la free press. Non la sopporto. Lo trovo bieco strumento di svilimento dell'informazione. Purchè in pillole. Purchè d'effetto. Purchè predigerita. Purchè rappresentativa del pensiero medio. Non di un pensiero. Ma della media di ciò che si dice e si sente. Condensata come il latte, banalizzata come un Bignami. E faccio parte di quella schiera di fissati che il giornale ancora lo comprano, nonostante trascorra online lunghissime ore della mia giornata. Lo compriamo e ce lo scambiamo, il giorno dopo - fa lo stesso - con gli altri quotidiani che circolano in famiglia: Repubblica, Corriere, Manifesto. Qualche volta Liberazione. Qualche volta Il Sole 24 Ore, prelevato dalla mazzetta dell'ufficio, insieme all'Economist. E c'è poi il giovin compagno che fa il porta a porta a cadenze irregolari, portando giornali che riecheggiano i movimenti operai dei quali si è persa la memoria. Mi piace il fruscio del giornale, l'inchiostro che ti resta sulle dita. Mi piace la lettura ad alta voce, l'articolo ritagliato che circola per casa per settimane, mi piaccion le discussioni accese fatte di "leggi qui", incluso il gesto stizzito del foglio accartocciato nella foga. E per questo - e per molto altro ancora - mi fa molto arrabbiare l'idea che qualcuno di quei giornali che leggo e persino di quelli che non leggo domani non potrebbero esserci più. Perchè l'articolo 44 del decreto Tremonti ha tagliato i fondi all'editoria per il prossimo anno e ancor di più li taglierà nel 2010. Mi fa molto arrabbiare, perchè un Paese davvero libero si misura anche dalla possibilità che hanno le tante voci che lo abitano di farsi sentire e ascoltare. Anche senza la pubblicità. Anche senza la major editoriale alle spalle. Anche senza i cambi merce. Vorrei continuare a scegliere, quando passo in edicola e compro il giornale. Un invito alla lettura io lo punto qui. E un altro qui.E viste un po' di baggianate imprecisioni che mi è capitato di leggere in giro, lascio solo una precisazione: il Manifesto non è un giornale di partito. E' una cooperativa di giornalisti. C'è differenza.