La casa me la ricordo a sprazzi. Ad esempio non so come fosse l'ingresso. La guardiola della portiera però si, con la porta col vetro smerigliato e quell'odore di minestra fin dal mattino. Che poi Muriel Barbery ce ne ha fatta immaginare un'altra di portiera, che con quella ben poco aveva a che fare.E nei miei ricordi davvero non so se la portiera che mi ricordo io era la stessa Angelica che un 25 aprile svegliò la casa al grido di "Inn andaà, i purcuni inn andaà", mentre alla Casa del Fascio, dietro l'angolo, iniziava il saccheggio. Dalla finestra mia nonna guardava. Chi trascinava materassi, chi batterie di pentole, chi coperte e lenzuola. La guardiola dava su un cortiletto. Io me lo ricordo quadrato e sui lati si apriva qualche porta. Un magazzino di articoli per la casa, di questo son sicura. Il negozio era di fianco, il proprietario si chiamava Anacleto e io e mio fratello ridevamo ogni volta. Poi si trasferì vicino al Duomo e diventò di lusso, ma sempre Anacleto lui si chiamava. Poi le scale in pietra, coi gradini bassi e stondati. Grigi. Bisognava salirle piano, perché loro, i Dottori dell'Ambrosiana, mica tutti li amavano i bambini. Ce ne era uno, scorbuticone, che si voltava contro il muro pur di non salutare. Qualcuno però era anche simpatico e ogni volta che ci incrociava ci regalava una cartolina. La Beatrice di De Predis, la canestra del Caravaggio. Una festa quando ci scappava una Natività. O un Bruegel. A Natale, ogni Natale, arrivava il catalogo. E all'epoca non è che fossero come quelli di adesso, tutto belli lustri e imbellettati: tanto bianco e nero e un sacco di scritte, non così facili da capire per dei bambini. C'era anche quello, tra i Dottori, che andava sempre in Svizzera e ci regalava le Ricola. Non è che mi piacessero tanto, ma era quanto di più esotico che la vita ci offrisse all'epoca.
Questa casa [non] è un albergo
La casa me la ricordo a sprazzi. Ad esempio non so come fosse l'ingresso. La guardiola della portiera però si, con la porta col vetro smerigliato e quell'odore di minestra fin dal mattino. Che poi Muriel Barbery ce ne ha fatta immaginare un'altra di portiera, che con quella ben poco aveva a che fare.E nei miei ricordi davvero non so se la portiera che mi ricordo io era la stessa Angelica che un 25 aprile svegliò la casa al grido di "Inn andaà, i purcuni inn andaà", mentre alla Casa del Fascio, dietro l'angolo, iniziava il saccheggio. Dalla finestra mia nonna guardava. Chi trascinava materassi, chi batterie di pentole, chi coperte e lenzuola. La guardiola dava su un cortiletto. Io me lo ricordo quadrato e sui lati si apriva qualche porta. Un magazzino di articoli per la casa, di questo son sicura. Il negozio era di fianco, il proprietario si chiamava Anacleto e io e mio fratello ridevamo ogni volta. Poi si trasferì vicino al Duomo e diventò di lusso, ma sempre Anacleto lui si chiamava. Poi le scale in pietra, coi gradini bassi e stondati. Grigi. Bisognava salirle piano, perché loro, i Dottori dell'Ambrosiana, mica tutti li amavano i bambini. Ce ne era uno, scorbuticone, che si voltava contro il muro pur di non salutare. Qualcuno però era anche simpatico e ogni volta che ci incrociava ci regalava una cartolina. La Beatrice di De Predis, la canestra del Caravaggio. Una festa quando ci scappava una Natività. O un Bruegel. A Natale, ogni Natale, arrivava il catalogo. E all'epoca non è che fossero come quelli di adesso, tutto belli lustri e imbellettati: tanto bianco e nero e un sacco di scritte, non così facili da capire per dei bambini. C'era anche quello, tra i Dottori, che andava sempre in Svizzera e ci regalava le Ricola. Non è che mi piacessero tanto, ma era quanto di più esotico che la vita ci offrisse all'epoca.