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Il ladro di cadaveri(3)
Post n°3350 pubblicato il 12 Settembre 2025 da paperino61to
Mi voltai lentamente e vidi ciò che ricorderò per tutta la vita, lei mi guardava con quegli occhi azzurri penetranti, languidi. Le sue labbra lascive mi invitavano a baciarla. “Non ti piaccio abbastanza Geremia Brisbane?”. Sapeva il mio nome. “Sono stata a lungo rinchiusa in quella bara, ho fame...”. La bocca si spalancò lasciando intravedere due denti aguzzi. Mentre diceva questa parole mi guardò, poi rise, una risata che mi agghiacciò il sangue, mi divincolai dalla sua stretta e scappai, corsi a perdifiato come non avevo mai corso. Sentivo in lontananza la sua risata, i suoi passi felpati camminare nel silenzio del cimitero, arrivai al furgone e dopo averlo messo in moto con difficoltà, e con la mano che mi tremava come non mai, mi allontanai a gran velocità. Pensai a uno scherzo fatto da Smith, ma dovetti ricredermi quando il giorno dopo trovarono una donna dissanguata senza neppure una goccia di sangue con due forellini sul collo: allora capii che Mary Albridge era una vampira. Nella giornata stessa mi allontanai da Londra e mi diressi verso Liverpool e da lì mi imbarcai su una nave che mi portasse lontano il più presto possibile dopo diversi mesi ritornai in Inghilterra e mi imbarcai come cameriere su uno di quelle navi che partono per l’America, diedi un nome falso come la volta prededente Prima della partenza, un giornale lasciato sul tavolino da uno degli ospiti mi incuriosì, lo presi e lo portai nella mia cabina. Lessi l’articolo e il mio volto sbiancò ed incominciai a tremare pur essendo stato scritto tempo addietro. “Il dottor P.H.Lawrence è stato trovato morto in un fabbricato nella zona del porto in di Emule Street n. 43. Cosa si facesse in quella zona malfamata non è dato a sapersi. All’interno del fabbricato si sono trovati alcuni lettini, attrezzature che fanno indurre gli investigatori che il dottore tenesse degli esperimenti, ma non sanno dare risposta se effettuava esperimenti su cadaveri o sulle persone vive. La polizia propende per la prima ipotesi, visto che da tempo indagava sulle sparizioni dagli obitori degli ospedali. Il dottor Lawrence da tempo era sotto la lente del Rettore dove lavorava e dell’Ordine dei medici per certe sue teorie folli e blasfeme. Un’altra domanda che si pone la polizia: è chi sono i complici che gli procuravano il materiale per gli esperimenti? Oltre a queste domande vi è anche la stranezza legata alla sua morte, il corpo è stato trovato senza sangue, il suo viso era una maschera di terrore e sul collo due minuscoli forellini. Cosa può aver causato tutto questo? Chi è il suo assassino?”. Io sapevo chi era stato, ho scoperchiato una bara dove il male era stato rinchiuso. Ero scioccato, cosa potevo fare? Se avessi confessato tutto la polizia non mi avrebbe creduto, e io avrei passato il resto dei miei giorni in galera. Potevo solo sperare che qualcuno fermasse una volta per tutte Mary Albridge, ma come fermare un mostro simile? Su questo non avevo più dubbi, avevo letto dei libri dopo quella infausta nottata, non sono leggende, i vampiri essi esistono realmente. Per questo presi la decisione di scappare cercando di dimenticare, ma è stato tutto inutile, lei è qui, su questa nave, e mi ha trovato, l’unica mia salvezza è affidarmi alle onde del mare.
Erano passati un paio di mesi dalla mia fuga e diversi viaggi su questa nave. Gli incubi convivevano con me dal calare della sera fino all’alba quando mi svegliavo fradicio di sudore. Un sonno agitato che neanche le pillole date dal medico mi permettevano di fare sonni tranquilli. Tutto sembrava andasse bene, ma il destino prima o poi ti porta il conto da pagare. La scorsa notte, Burton mi diede l’incarico di andare nella cabina 123: “La signora ha chiesto se possiamo portarle la cena in cabina”. Capita che qualche passeggero non si senta di venire in sala per cenare o pranzare. Mi avviai con il vassoio. Bussai e una voce mi disse di entrare. La cabina era nella penombra, a malapena notai una figura nel letto. “Vieni, vieni pure avanti”. Era una voce di donna, una voce suadente, dentro di me sapevo di averla già sentita. “Posa il vassoio e avvicinati a me”. Ero come ipnotizzato, posai il vassoio e mi avvicinai al letto. “Non avrai paura di me vero? O forse non ti piaccio abbastanza?”. Una luce fioca illuminò il volto della donna. In quell’attimo capì chi era l’ospite della cabina 123, mi svegliai dal torpore che la sua voce mi aveva indotto. “Geremia Brisbane, lo sai che non si lascia mai una donna senza dare spiegazioni? E’ da maleducato”. Rise a questa frase, il sangue mi si gelò. Mi voltai e scappai velocemente da quel posto. Sentii la sua voce dire che non potevo scappare dal destino che mi attendeva. Tornai alla mia cabina, ero stravolto, Mary Albridge mi aveva trovato, quel mostro era riuscito a scovarmi anche qui in mezzo al mare. Non potevo venire da voi comandante, mi avreste preso per matto e con voi tutto l’equipaggio. Decisi di scrivere queste righe per spiegare cosa mi era successo e cosa succederà a tutti voi se non fermate la vampira. Vi scongiuro fermatela, io pagherò le mie colpe e spero che Dio possa perdonarmi e che lo facciate anche voi, addio. “Burton, cosa ne dice? “ domandò il comandante al suo sotto ufficiale. “Non lo so signore, sembra lo scritto di un folle, ma Glenton o meglio Brisbane sembrava tutto meno che folle, si è sempre comportato bene, ligio al dovere, pronto a dare una mano a chiunque lo chiedesse e non era affatto uno stupido”. “Provate a cercalo anche se ho paura che la sua mente sconvolta gli abbia fatto fare un gesto sconsiderato”. Le ricerche furono infruttuose,dell’uomo non si trovò traccia. “Credo che il poveretto si sia buttato in mare. Se non sbaglio, nominava la cabina 123, guardate a chi è stata assegnata?”. Dal registro la camera era stata assegnata a una certa Mary Albridge. Un silenzio calò sui due uomini. “Burton, vada a vedere, poi venga a riferirmi”. L’uomo accompagnato da un paio di marinai si recò alla cabina. Dapprima bussò ma non ottenne risposta, poi decise di aprire la parta con la chiave. Al suo interno il buio la faceva da padrona. (Continua)
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