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Carso 1917


Carso, un giorno di metà giugno, data 1917. Una trincea, filo spinato davanti . Colpi di cannone sparati dal nemico. “ Paura Morelli ? “ mi domanda il capitano. “ Certo che no “..“ Non sparare cazzate Morelli, io ne ho e son più vecchio di te “.Con il dito indicò i miei compagni, l’Adolfi si era pisciato addosso e si vedeva la macchia enorme sui pantaloni ;  Gisti  pregava nel suo linguaggio incomprensibile della alta val Bergamo. “ Vedi Morelli, hanno tutti paura, inutile mentire, siamo uomini “.Abbassai la testa, era vero  che avevo paura , paura di morire per una cazzo di guerra . Ci avevano fatto credere che era una passeggiata, ora sono due anni che sta durando. Nessuno ha vinto , tutti sconfitti. “ Capitano  , ha moglie ? Io ho una morosa, si chiama Anna, bella come il sole. Fianchi larghi per fare tanti putei, bei putei “.Scosse la testa, sembrò andare in meditazione e poi rispose : “ Avevo una moglie, morì di parto , ho una figlia che la tengono i miei. Bel nome la tua morosa, bravo Morelli, fai tanti figli , la patria ne terrà conto “.Già , la Patria pensai, bella roba, mandarti a morire giovane , a volte penso che gli Anarchici o comunisti fanno bene ad accoppare Re e Regine. “ Capitano, capitano “ arrivò di corsa il sergente Lipio , facendo il  solito saluto militare e anche se ormai sono anni che si conoscono  la procedura va sempre rispettata. “ E’ arrivato l’ordine , capitano, tra dieci minuti si attacca il nemico”. Non disse nulla, prese il foglio, lo accartocciò e lo mandò a finire per terra. “ Terra siamo e terra ritorneremo “. Poi con voce , a singhiozzo, disse : “ Tenetevi pronti ragazzi, al mio via, tutti fuori e corriamo verso sti pezzi di merda austriaci. Che Dio sia con voi e viva il RE “.Buffo ,pensai, il Re sarà  sicuramente seduto in una delle tante ville, al comodo, al massimo , se avrà gli stivali sporchi , i servi li puliscono, noi invece qui, nella merda giorno dopo giorno, anno dopo anno, stagione dopo stagione. Raccolsi lo zaino e caricai il fucile, era pronto per la sua opera di morte, ammazzare un povero cristo che credeva in qualcosa ma che alla fine ci si accorge che è tutto una presa per il culo. “ Al mio via, si va..Viva l’Italia, Viva Il RE ! “.Uscimmo come disperati da quella trincea che era la nostra casa a ciel aperto.  Urla di paura si mischiarono ai colpi di mortaio , il Crepitio della mitragliatrice portò i suoi  saluti.  Pecora, Sazzi, Tulli, spazzati in un  ‘attimo ,  vidi il sangue uscire copiosi sulle loro divise sporche. Martulli , Adolfi  vagavano  davanti  a me facendosi il segno della croce, fino a quando un cecchino pose fine alle loro vite. Guardai indietro , metà plotone era stato smembrato, si poteva immaginare come un fiume in piena avesse spazzato via la compagnia D.  I rantoli dei feriti  che chiedevano  aiuto si perdevano nel caos delle armi da fuoco. Poi sentì  vicino a me un sibilo e poi più nulla. Ospedale di Trento, reparto feriti. “ Bravo Morelli, ti sei comportato bene, come tutti i tuoi compagni “. Chi parlava ,era il Maresciallo di Stato maggiore Rizzi. Mi sembrava di sognare, da quanto ero li ? E i miei compagni, il capitano , che fine avevano fatto ? Mi dissero nei giorni seguenti che erano morti, i sopravissuti a quella carneficina erano in tutto 13 su 290. Piansi come un bambino. Un dottore disse che ero stato fortunato, con tutto il fiato che avevo le risposi : “ Fortunato dottore ? Mi ha visto ? Non ho più le gambe, mi manca il braccio destro e lei mi dice che sono fortunato ? Non potrò mai avere figli, chi cazzo si sposa uno come me ? Con che coraggio mi dice che sono fortunato ? “. Mi voltai abbracciando con l’unico arto rimasto il cuscino. A sera mi dissero che voleva intervistarmi un giornalista. Chiesi il perché , propaganda militare risposero. Al mattino, un infermiera mi sbarbò,  mi lavò i capelli e mi vesti , anche se sarebbe bastato mettermi addosso una camicia ed ero a posto. Il tizio entrò nella cameretta ,  mi salutò e poi con voce squillante, affascinante, pieno di retorica patriottica ,  iniziò l’intervista. Aveva il mento pronunciato, i capelli stavano lasciando spazio alla calvizia. Notavo che aveva spesso l’abitudine di mettersi le mani sui fianchi e allargava le gambe  quando voleva dire qualcosa di eclatante.Quando finì nel salutarmi disse : “ La Patria, la nostra sacra Patria ha bisogno di persone come lei. Viva l’Italia “.Se ne andò , un paio di giorni dopo l’infermiera mi portò il giornale, “  Il Popolo D’Italia “  si chiamava, lessi la mia intervista. Rimasi di stucco, non c’era una parola di quella che avevo detto . Il pezzo terminava : “ Italiani , mandate i vostri figli a servire la Patria, la nostra Italia contro il mostro austro ungarico. Noi discendiamo dai nobili Romani e come essi dobbiamo portare la nostra civiltà a questi barbari”.Mi voltai verso il mio  vicino di letto ,e le dissi chi era sto stronzo che scriveva queste minchiate ? Ero nero di rabbia, anche solo con un arto l’avrei ammazzato se mi veniva a tiro. Mi chiese di leggergli il nome di questo mentecatto giornalista. “ si firma Benito Mussolini “.Hai ragione, ragazzo  a chiamarlo stronzo, questo , fino a pochi giorni prima dell’entrata in guerra del nostro paese era contro e non passava giorno che lo scrivesse  sull’Avanti“.“ Perché allora ? “ Non riuscivo a capire, perché cambiare idea. “ Soldi,ragazzo mio, soldi. Chi vuole la guerra paga per avere dalla sua la stampa “ e continuò dicendo : “ Purtroppo molti sono come questo venduto, e speriamo di sbagliare ma ho impressione che sentiremo parlare spesso  di questo Mussolini nel futuro “.Voltai lo sguardo fuori dalla finestra, era una bella giornata di agosto, tra poco tornerò a casa, fortunato di essere vivo e mentre sorridevo a questa amara ironia, vidi in lontananza le urla allegre di un’intera compagnia di soldati. Erano arrivati i nuovi a sostituire i vecchi, o meglio erano i nuovi morti ad sommarsi a quelli vecchi. Una lacrima solcò il mio voltò e urlai a squarciagola : “ affanculo il Re e la Patria, assassini “.