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Il documento del disonore ( quarto capitolo )


La notte di Londra mi vide a bordo di una carrozza diretta verso i dock’s del Tamigi.                      
La pioggia aveva ripreso a scendere, era una tipica serata da starsene al caldo accanto a un caminetto acceso,magari con un buon libro in mano e invece, sono qui con una rivoltella in tasca , e dovrò quando sarà giunto a destinazione osservare chi entra ed esce da uno squallido locale.                
  Holmes sarebbe uscito dopo e mi assicurò  che mi avrebbe raggiunto. Eccomi arrivato, pagai il vetturino , dissi di tenersi a disposizione in caso di bisogno , mi avviai cercando di trovare un posto per nascondermi , lo trovai   dietro a delle casse. Il bavero del mio cappotto in qualche modo mi riparava dall’aria fredda che arrivava dal fiume alle mie spalle. Notai che vi era un via e vai di gente, tutti quanti poco raccomandabili, a parte qualche persona di sicuro di alto lignaggio . Non so quanto tempo passai nascosto, so che ad un certo punto , uscirono tre persone, di cui quella in mezzo veniva sorretta dalle altre due. Ebbi come una specie di presentimento, un brivido che mi percorse su per la schiena, decisi di seguirli. I tre stavano andando verso un edificio abbandonato, uno aprì la porta con una spallata decisa, mentre l’altro si guardava in giro e nel contempo sorreggeva la terza persona.  Aspettai che entrassero e poi mi avvicinai, la mano era corsa alla rivoltella che avevo in tasca.  “ Legalo stretto, Stub, questo impiccione rimpiangerà di essere venuto al Black Roose  “. “ Questo è sicuro , amico mio, e il professore ci pagherà bene, molto bene.  “ una risata accompagnò la frase. Un professore che paga bene ? Che cosa volevano dire ? Ero perplesso. Il tizio venne legato a una sedia, era imbavagliato.  La testa era reclinata da una parte, intravedevo la barba che portava, una benda sull’occhio destro e capelli arruffati.  Quello chiamato Stub, arrivò con una corda in mano, fece un cappio da marinaio, e la fisso a una trave. L’altro si accese una sigaretta, fumava nervosamente, come se si aspettasse l’arrivo di qualcuno.  “ Fatto , ora prendi l’impiccione e mettigli la corda al collo “ dicendo così passò il cappio al suo compare. A quel punto non potevo aspettare, solo la giustizia ha il diritto di impiccare qualcuno.  “ Fermi tutti. In alto le mani , ed è meglio che ubbidiate altrimenti sparo  “. La canna della pistola era rivolta verso di loro , il dito sul grilletto faceva intuire che non scherzavo.                 
    “ D’accordo amico, non fare scherzi. Togli  il cappio dal collo  “. “ Allontanatevi , con le  mani in alto  “. Mi avvicinai al tizio legato , qualcosa in lui mi era famigliare ma non capivo cosa. Nel mentre pensavo questa cosa, quello chiamato Stub tirò fuori il coltello , ma per sua sfortuna fu troppo lento. La mia pistola sparò, ferendolo alla mano, mentre il suo compare decise tentare il tutto per tutto, con un balzo cercò di strapparmi la pistola dalla mano, ma sbaglio il calcolo . Un altro colpo risuonò nella stanza, cadde riverso a terra esanime, era morto.  Il tizio legato , aprì gli occhi, le tolsi il bavaglio e grande fu la mia sorpresa nel sentirmi dire :  “ Bravo mio caro Watson, mi ha levato dai pasticci ancora una volta  “. “ Holmes  ?  “ riuscì solo a dire. Ero interdetto , non riuscivo a trovare  una parola per domandargli cosa facesse conciato in quel modo. Nel frattempo che mi ripresi dalla sorpresa , il farabutto se la svignò di soppiatto. Cercai di andargli dietro, ma Holmes mi disse di lasciarlo perdere. L’aiutai ad alzarsi e sorreggendolo uscimmo fuori dall’edificio, in lontananza vidi la  carrozza ,  chiamai  il vetturino e con essa tornammo a Baker Street a grande velocità.( continua )