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Il costo della speranza


 Mi raggomitolo ancora di più, le braccia stringono forte le ginocchia piegate. Tremo ,mentre sento le voci che provengono fuori dalla stanza. Da tempo ho finito le lacrime  e la fede in Dio. Sono nuda , l’unico vestito che avevo è stato fatto a brandelli da mani avide di toccare il mio corpo. Solo la mia anima , seppur ferita ,  non riusciranno a possederla. Da giorni soddisfo le loro voglie in cambio  della mia vita e quella di mio figlio, e di un passaggio verso il futuro , verso paesi dove non hanno miseria, guerra, violenza. Ho il loro odore di carnefici sulla mia pelle, non basterebbe l’acqua di tutto il mondo per cancellarlo . La porta si apre, entra quello che chiamano “ capo “, in una mano una bottiglia di liquore  e nell’altra la pistola. Oramai conosco a memoria il suo discorso, mi alzo e mi distendo sull’unico materasso sporco di sangue e pulci che c’è nella stanza. Lui si cala i pantaloni mentre un sorriso compare sul suo volto, chiudo gli occhi e penso a mio figlio, al suo futuro nella terra promessa. Lo sento ansimare , grugniti che si alzano al soffitto, vorrei odiarlo ma per farlo dovrei considerarlo un “ uomo “, ma non lo è affatto. Ha “ sbrigato “ la pratica , si alza e nella sua lingua mi chiama  “ troia “, poi se ne va ridendo. Passa poco tempo ed entrano altri due, stesso copione , stessa scena, unica differenza che uno dei due mi avverte che partiamo tra un paio d’ ore, e che se sarò “ carina “ anche con il suo amico io e mio figlio saremo imbarcati insieme. Inutile parlare , chiedere pietà, perché questa gente , non conosce la pietà , i mercanti di uomini non ne hanno, il loro dio è il denaro. La notte è stellata, e mentre  le osservo  mi chiedo se un domani sarò anche io una stella. Un uomo entra , mi porta  un camicione da indossare e mi dice  di seguirlo, mi porta da mio figlio. Il cuore mi batte forte, lo vedrò e l’abbraccerò fortissimo ricoprendolo di baci. Gli corro incontro , accarezzo i suoi capelli , e solo quando guardo i suoi occhi capisco che ha perso la sua innocenza. Mi volto , guardo i “ carnefici “ e sputo per terra in segno di disprezzo, non hanno rispetto manco per i bambini. Uno di loro mi punta la pistola alla tempia, chiudo gli occhi. L’uomo con la pistola mi da un calcio nella schiena e poi urla di muovermi. Saliamo sul barcone assieme a tanta altra gente, tutti con lo sguardo rivolto a un mondo chiamato Speranza.   “ Questo racconto potrebbe per molti essere considerato di fantasia, purtroppo non lo è affatto. Basta sentire le interviste a queste donne , ai loro compagni ,  di come vengono violentante dai mercanti di uomini o scafisti , chiamateli come volete. Violenze che partano dal paese dove vivevano, perché dove c’è violenza, guerra, dittatura,  i primi che pagano sono le donne e i bambini . Violenze che proseguono nel viaggio verso la Speranza e dove né mariti, né fratelli , né padri possono intervenire per fermare questi escrementi  ( chi violenta una donna non è un UOMO in nessuna parte del mondo ) , altrimenti per loro il viaggio finisce sotto forma di una pallottola. Quindi riflettiamo su cosa possiamo fare e anche nelle parole che spesso vengono usate a sproposito , affinché la violenza sulle donne e bambini non avvenga in nessuna parte del mondo  perché è una violenza gratuita e le persone più deboli sono quelle che la subiscono di più.