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Omicidio al Museo ( primo capitolo )


Stavo  percorrendo le vie del centro città assorto in una riflessione: come sarebbe bello vivere in pace e tranquillità, senza delinquenza ma soprattutto senza persone che dal  balcone di un palazzo fanno discorsi senza senso, che inneggiano alla razza superiore, quando all’improvviso qualcuno mi chiama. “ Berardi…Berardi…non mi dire che sei diventato sordo!”. L’uomo davanti a me è sulla quarantina,  forse qualcosa di meno; capelli neri leggermente brizzolati, un paio di baffi e occhi color scuri, abbronzato, come se fosse stato bruciato dal sole. Nota che il mio volto è perplesso, ha intuito che non lo riconoscevo. “ Guardami bene, amico mio, possibile che non mi riconosci?”. La mia mente torna indietro nel tempo, qualcosa in quel volto mi è famigliare. “ Signore…sinceramente non ricordo chi sia lei…ma aspetti un attimo…il suo nome è Giulio…Giulio Farina?”. “ Certo che per essere commissario ne hai impiegato di tempo nel riconoscermi…si sono Giulio” e dicendo queste parole mi abbraccia. “ Santo cielo, sei cambiato Giulio, e in peggio direi ...dove sei stato per essere così abbronzato? Non certo a Sestriere o a Cortina”. “ No Berardi, sono stato per anni in Egitto, a Tebe sotto la spedizione Schiapparelli. Ricordi che avevo il pallino per l’archeologia e per la civiltà egiziana? Ebbene, ho intrapreso gli studi in quella materia e grazie alla disponibilità dei miei genitori e di finanziatori, sono finito a cercare reperti dell’antico Egitto in quel paese”. “ Mio Dio…da non credere…tu in Egitto? Da piccolo avevi paura ad uscire dalla fattoria dei tuoi nonni. Ora che fai di bello a Torino?”. “ Sono stato nominato direttore del Museo Egizio, un grande onore per me. Senti, se non hai da fare, andiamo nel mio ufficio, così ricordiamo i bei tempi andati, ti va? “. “ Volentieri, se non ti disturba essere in compagnia di un commissario di polizia; sai, non vorrei mai che la gente pensasse che ti sto arrestando”. Fu così che ci avviamo verso via Albertina dove è situato il Museo Egizio e saliamo al piano superiore dove si trova l’ufficio. “ Per essere un direttore, mi aspettavo un ufficio degno di tale nomina,  al confronto il mio sembra un lusso”. “ Berardi non cambi mai…sempre burlone. Ma dimmi, come mai sei finito in polizia? ”. “ Non avevo molto da scegliere, o entravo nell’esercito o in polizia. Non ero tagliato per fare l’operaio, e sicuramente avrei fatto un torto ai miei genitori.                       Nella conversazione si ricordavano i tempi della gioventù e poi si rivolgeva lo sguardo sul nostro futuro, a come le nubi all’orizzonte non fossero chiare ( già si parlava di probabili venti di guerra), come Giulio fosse diventato, dopo la morte di Schiapparelli, il nuovo direttore del museo. Mentre ero intento ad iniziare un altro discorso, la porta viene aperta di colpo. Un addetto del museo, trafilato e paonazzo, chiede al direttore di scendere immediatamente. “ Un guaio…direttore…un guaio…venga presto!”. Ci alziamo e scendiamo nelle sale del museo. Scorgiamo una signora sdraiata su una panchina con un paio di persone intente nel prendersi cura di lei. “ Cosa succede?” esclama Farina. Un addetto risponde che la signora era nella sala dove si trovano le mummie, è uscita di corsa urlando,  per poi svenire in mezzo al corridoio.  “ Quei due signori mi hanno chiamato immediatamente, ho detto loro di darmi una mano a trasportarla e adagiarla  su questa panchina”. “ Hai fatto bene Petrin. Ora vediamo la donna come sta. Chiama un medico”. Mi avvicino alla donna, è bianca come un lenzuolo è semi cosciente. Le prendo la mano dicendo il mio nome  e qualifica. “ Signora, cosa è successo? Con calma…non c’è fretta”. Lei mi guarda, abbozza un sorriso e risponde:” Commissario, ero di là ( indica la stanza delle mummie), stavo guardando un sarcofago, quando ….mio dio…”. Si  prese la testa tra le mani ed inizia a piangere. “ Berardi, andiamo a vedere…non mi piace per nulla questa storia”. “Neanche  a me caro Giulio”.                Andiamo di corsa nella sala indicata dalla donna, in pugno avevo la pistola d’ordinanza, feci segno a Farina di stare dietro di me. La sala illuminata si presentava normale, i reperti erano al loro posto e nessuna teca era in frantumi. Ci avviciniamo ai vari sarcofaghi presenti ma sembrava tutto in ordine. “ Berardi…vieni qui…guarda!” . Il mio amico si trovava in un angolo della sala in penombra. Il sarcofago era appoggiato su una base di marmo, l’angolo in basso era sporco di rosso, lo stesso dicasi per il pavimento. Mi inginocchio e passo il dito su quelle chiazze: era sangue, dietro al basamento spuntavano dei piedi, una persona era stesa a terra. Mi avvicino ma il corpo era già freddo. Farina mi guarda allibito, è titubante sul da farsi. Ordino di far uscire tutti i visitatori e di chiudere il Museo immediatamente, gli dico di chiamare  la Questura: “ Digli di mandare qui l’agente Tirdi e il dottor Stresi, di venire urgentemente al museo…”. Il corpo a terra era quello di un uomo sulla trentina, dal vestito sembra un operaio. Il sangue è uscito dallo stomaco, un paio di fori indicavano chiaramente che è stato ucciso con dei proiettili. Il sangue sul basamento è dovuto al fatto che il corpo è stato trascinato dietro al sarcofago, chi aveva ucciso e perché avevano nascosto il corpo, erano le domande a cui dovevo dare delle risposte. Una ventina di minuti più arrivano sia Tirdi che il dottore, assieme a loro altri due agenti. Ordino di di prendere tutti i nomi dei dipendenti presenti e di iniziare ad interrogarli. “ Berardi….Berardi…ora anche l’archeologo vuole fare? Non le basta il lavoro da commissario?” mi domanda il dottore mentre incomincia il suo lavoro. “ Dottore, visto i tempi a cui andiamo incontro, è meglio anche avere un doppio lavoro, non trova?”.               Dopo una decina di minuti Stresi conferma la mia ipotesi: “ E’ stato ucciso con tre colpi di pistola sparati a bruciapelo. Chi l’ha fatto voleva assicurarsi che questo povero diavolo morisse sul serio”. “ Tirdi, fai portare via il corpo. Il dottore credo voglia dare un’occhiata più approfondita”. Poi tornai dal mio amico e spiegai cos’era successo alla persona nascosta dietro al sarcofago. “ Ora Giulio, ho bisogno della tua collaborazione, ma andiamo nel tuo ufficio”. “ Santo cielo Berardi, ma chi è quell’uomo? Che scandalo se si venisse a sapere…” diceva queste cose mentre si riempiva il bicchiere di cognac. “ Per lo scandalo vedrò cosa posso fare…sarà difficile però lasciare all’oscuro la stampa. Speriamo che la vittima abbia avuto con sé i documenti ma dubito, chi uccide di solito non lascia nulla che possa facilitare il riconoscimento”. “ Perché ucciderlo e perché nasconderlo in quell’angolo? “ domanda Farina. “ Hai per caso ricevuto minacce di morte?”. Farina si volta verso la finestra, stava prendendo tempo nel rispondere. “ Giulio sei hai avuto problemi con qualcuno, devi dirmelo!”. “ Va bene amico mio, hai ragione. Un paio di mesi addietro mi arrivò tramite posta una lettera, mi chiedeva di dare le dimissioni ma non presi la cosa sul serio. Pensai a uno scherzo, ma dopo un paio di giorni ricevetti un’altra di lettera, la cosa va avanti da un paio di mesi, questa è l’ultima che mi è arrivata…tieni…leggila”. ( Continua)