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Omicidio al Museo ( secondo capitolo)


             Prendo la lettera ed incomincio a leggerla: “ Sei stato avvisato più di una volta di dimetterti, visto la tua testardaggine la pagherai cara e se, necessario, anche con la morte”. La lettera non era firmata.  “ So cosa stai pensando Berardi, a uno scherzo di pessimo gusto. Lo pensavo anche io…almeno fino ad oggi”. “Chi ha interesse alle tue dimissioni da direttore? Ti sarai fatto un’idea in merito?”. Farina posò il bicchiere ( era al terzo cognac) rispondendo di non avere idea in proposito. “ Certo ci sono state altre persone che hanno proposto i loro nominativi per la candidatura a direttore, ma non credo possano ad arrivare  ad uccidere per questo motivo”. “ Sei sempre un sognatore credimi, ne ho viste di persone che paiano santi venuti dal paradiso ma che in realtà sono solo dei volgari assassini. Forza, ora dammi i nomi dei pretendenti, vedrò di interrogarli”. Le persone citate erano in tutto cinque : Carlo Colombo, Maurizio Musso, Pietro Gastaldo, Livio Desio e Giancarlo Panero. Mi congedai da Farina, raccomandandogli di farmi avvertire immediatamente se arrivavano altre lettere, inoltre appena arrivato in Questura, avrei fatto domanda per mettere una scorta a sua disposizione. “ Inutile che protesti, Giulio…è già scappato un morto, il prossimo potresti essere tu o tua moglie”. La sera era calata sulla città, in ufficio diramai l’ordine di comparizione dei nomi dati dal mio amico, inoltre convocai i dipendenti del museo, chissà che mostrando loro la fotografia del morto non possa essere riconosciuto. “ Commissario, non è che con questa indagine ci tiriamo la maledizione delle mummie?”. “ Tirdi, l’unica maledizione che ti tiri dietro è quella della tua futura moglie se non ti avvi velocemente ad andare a casa…ci vediamo domani, avrò bisogno del tuo aiuto”. Detto questo, spensi la luce e con Tirdi ci avviammo all’uscita. Passai da mamma Gina, sapevo che questa sera avrebbe fatto cucinato il fritto misto alla piemontese. Finita la cena, parlai un po’ con lei e con suo figlio. Il ragazzo stava crescendo bene, era di forti principi e soprattutto non si era mai cacciato nei guai, vista la mancanza di un padre.         Il giorno seguente in ufficio fu un via e vai di persone. Gli addetti al museo Egizio sono circa una trentina, una parte  di loro venne al mattino, gli altri nel pomeriggio, il mio ufficio sembrava una stazione, un via e vai di continuo. Mostrai  loro la fotografia del morto, ma nessuno di loro seppe riconoscerlo, tranne una persona che mostrò un atteggiamento che mi rese perplesso. Al momento di guardare la foto, chinò la testa e borbottò che non lo conosceva, Tirdi mi guardava come se avesse avuto lo stesso pensiero mio: stava mentendo. Nel pomeriggio ebbi la conferma del mio sospetto quando trovai un biglietto sulla mia scrivania; mi chiedeva di  trovarmi verso le 18 dentro il Duomo.  “ Caro Tirdi, ho l’impressione che qualcuno sappia il nome della vittima, hai mandato gli avvisi ai cinque nomi comunicati da Farina?”. “Si, appena mi ha dato l’ordine commissario. Solo Desio non potrà essere presente…”. “ Perché?” domando. “ E’ in Sudan da due anni con una spedizione”. “ Allora come mai ha presentato domanda per essere il direttore del Museo?”. “ La moglie ha risposto che era stato Schiapparelli in persona a consigliarlo di fare domanda ugualmente, pur sapendo che non avrebbe mai accettato. Il marito è un uomo che ama gli spazi aperti, non gli piace stare relegato in un ufficio”. “ Lo capisco benissimo. Bene Tirdi, a che ora arrivano questi signori?”. “ Sulla lettera ho scritto per domani mattina verso le nove, sapevo che oggi era impossibile riceverli visto l’andirivieni degli operai”. “ Che dire Tirdi? Ti meriti un pranzo da mamma Gina…per fortuna ci sei tu a darmi una mano. A proposito, Perino dove è finito?”. “ Fa parte della scorta che ha assegnato al suo amico, si è offerto volontario”. “ Bene, è un ottimo agente ed è molto esperto. Dai forza, ora andiamo da mamma Gina”.            Consulto l’orologio, mancano dieci minuti alle 18, decido che è ora di avviarmi all’appuntamento con il misterioso personaggio. Il pomeriggio è scivolato via senza che avessi scoperto granché. Ammetto di non avere la minima idea del perché uccidere una persona e portarla dentro a un museo. L’aria della sera è fresca per essere solo a metà settembre. Salgo gli scalini del Duomo, sono solo. All’interno ci sono un paio di donne e un anziano. Decido di sedermi su una delle ultime file di panche, una voce dietro a me  dice di non girarmi. “ Commissario, ascolti attentamente quello che ho da dirgli. Uno dei colleghi conosceva il morto e penso anche bene”. “ Come fai ad esserne sicuro?”. “ L’ho visto parecchie volte in sua compagnia. L’ultima volta il giorno prima che venisse ucciso, io stavo scaricando delle casse, e questo collega parlava con il tizio, poi mi è sembrato che ricevesse un pacco o qualcosa del genere…”. “  Hai sentito cosa dicevano, e del pacco ricevuto ne sei sicuro?”. “ Non ho potuto sentire, parlavano sottovoce e del pacco ne sono sicuro. Ho visto che il collega è stato veloce a metterlo in tasca e poi hanno parlato ancora una decina di minuti. Dopo di che il tizio si è avviato verso l’uscita e il collega è tornato al lavoro”. “ Hai detto che lo hai visto diverse volte in compagnia del tuo collega, ti sembravano amici? “. “ Non lo so, è certo che sembrava si intendessero a meraviglia, tempo fa li ho notati in una piola vicino alla stazione, appena mi hanno visto si sono alzati e sono usciti cercando di non essere notati da me”. “ Indubbiamente uno potrebbe pensare che ci sia qualcosa di losco, come si chiama il tuo collega?”. “ Ecco, commissario…non vorrei avere grane…sa…ho un figlio e una moglie da mantenere… il mio nome non deve comparire…me …lo promette?”. “ Cercherò di fare il possibile, ma non posso prometterti nulla…lo capisci che se mi servirà un testimone dovrò chiamarti?”. “ Va bene…il collega si chiama Leo Pratici…so che abita in via delle Tofane ma non so il numero..” “ Prendo nota…ora dimmi il tuo…”. Ma come immaginavo il suo nome non  mi arrivò, si era dileguato nel silenzio totale della chiesa. La giornata era iniziata prestissimo con una chiamata a casa di Farina, qualcuno le aveva mandato un’altra missiva con parole ancora più violente. Questa volta però era firmata, o meglio aveva un sigillo. Il mio amico si affrettò a spiegarmi che era l’effige di Anubis, il dio egiziano dei morti. “ Appena finisco di interrogare i signori che si sono proposti come direttori al museo, vengo a casa tua, devo chiederti un favore in merito a un tuo dipendente”. I primi a presentarsi in ufficio furono Carlo Colombo  e Maurizio Musso. Entrambi sulla cinquantina, si potevano scambiare tranquillamente per fratelli vista la notevole assomiglianza. “ Buongiorno signori e grazie per essere venuti. Purtroppo al museo egizio è stato commesso un omicidio…ed inoltre il direttore Farina è stato fatto oggetto di minacce. Ora, da voi vorrei sapere se avete avuto sentore di queste minacce e dell’eventuale         omicidio, inoltre vorrei conoscere come mai  Schiapparelli a scelto Farina come direttore e non voi?”. I due si guardarono tra loro e poi prese la parola Colombo: “ Commissario, lei è troppo intelligente per credere che siamo coinvolti in questa cosa. Possiamo dirle, sia io che Maurizio, che ne siamo completamente estranei”. “ Schiapparelli non ci disse mai il perché della sua scelta. Certo non ci ha fatto piacere, chi non aspira a diventare direttore di un prestigioso museo come quello egizio?...Ma da qui a uccidere o minacciare c’è ne corre”. A parlare  era stato Musso.            “ Per carità signori, lungi da me pensare che possiate essere coinvolti…ma ditemi, il vostro rapporto con Farina com’è? Lo pensate all’altezza del ruolo?”. Osservo i loro volti a quest’ultima domanda, Colombo alza gli occhi al cielo e Musso borbotta qualcosa di incomprensibile. “ Commissario, mi creda sulla parola, potrebbe sembrare che siamo invidiosi di Farina, ma non è così. Semplicemente, al posto di Schiapparelli, avremmo scelto persone con caratteristiche diverse e soprattutto con esperienza, non so se mi ha capito”. “ Si, ho capito, lo ritenete troppo giovane per poter gestire il museo?”. “ Diciamo di si…era meglio uno di noi…ma tant’è ormai la frittata è fatta”. “ Poniamo il caso che il direttore si dimetta a chi andrebbe la poltrona della direzione?”. “ Non lo sappiamo, dovremmo ripresentare la candidatura e chi deciderà sarà la commissione governativa, vista la morte di Schiapparelli”. “ Quindi persone esterne a voi decideranno il candidato. Mettiamo che una di queste persone, sia…come posso dire…amico intimo…sarete sicuramente avvantaggiati.” “ Commissario, questa affermazione non ci piace per nulla…cosa vuol dire? Che siamo assassini e ricattatori?”. “ Chiedo scusa, ma ditemi un’ultima cosa, mettereste le mani sul fuoco anche per i signori Gastaldo e Panero? Anch’essi erano papabili candidati al posto di Farina”. Colombo fece un segno di sdegno al sentir nominare Panero, mentre Musso allargò le braccia e rispose:” Ovviamente no, io posso parlare per Colombo, non per…due…uso il termine cialtroni, perché sono un signore”. “ Bene signori, vi ringrazio per la cortesia, purtroppo le indagini si fanno con le domande …e con risposte. Se per caso avessi ancora bisogno di voi mi farò vivo, buona giornata”. ( Continua)