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Omicido al Museo ( quarto capitolo)


  Mi sedetti al suo tavolo e ordinai un caffè, il suo volto era bianco come un lenzuolo.“ La prego commissario, mi lasci in pace”, la voce stava diventando flebile.“ La lascerò in pace quando mi dirà che rapporti aveva con la vittima e soprattutto chi l’ha ucciso”.“ Non posso, lei non capisce…se parlo…sono morto!”.Rimasi stupito di questa affermazione, questo povero cristo si trova in un guaio di non poco conto.“ Chi ti vuole uccidere? Parla santo cielo…non capisci che posso aiutarti?”.“ Non…posso…la prego…loro…loro sono dappertutto…anche adesso ci staranno spiando”.Mi guardai attorno, nel locale c’era solo il barista e una signora.“ Sai che se voglio ti porto in galera? Non mi mancano i motivi e tu lo sai”.L’uomo mi guardò, capiva che non stavo scherzando, potevo arrestarlo immediatamente.“ La vittima si chiamava Gianni Audisio, non so dove abitasse ne se aveva una famiglia. Un giorno era venuto a trovarmi per consegnarmi una busta… piena di soldi…rimasi a bocca aperta, era l’equivalente di un anno di lavoro…”.“ Vai avanti”.“ Domandai il perché di questi soldi, mi rispose che certa gente aveva bisogno del mio aiuto. Gli chiesi in che cosa consisteva l’aiuto, Audisio mi disse che me lo avrebbe fatto sapere e se andò darmi altre spiegazioni. Da allora un paio di volte alla settimana veniva a trovarmi”.“ Cosa dovevi fare?”.“ Dio mio….l’avessi saputo mai avrei accettato…avrei dovuto rubare un reperto dal museo…un papiro di valore inestimabile”.Ora ero io a rimanere a bocca aperta, succede che nei musei spariscano dei reperti, ma un papiro egiziano credo  sia difficile da collocare sul mercato e soprattutto a chi poteva interessare?.“ L’hai rubato?”.Con la testa fece un segno di assenso: “ Al suo posto misi una pergamena contraffatta, il direttore non sa nulla di tutto questo”.          “ Scommetto che l’Audisio incominciò a ricattarti?” domandai a Pratici sempre più spaventato.“ No…a me non fece nessun ricatto, mi disse solamente che aveva riflettuto molto su questo furto e…” si prese la testa tra le mani.“ Allora diciamo che il ricatto lo fece verso chi aveva commissionato il furto”.“ Esatto, gli dissi che era pazzo, quella è gente che non scherza…ma mi creda commissario con l’omicidio io non c’entro nulla”.“ Questo è ancora da vedersi, essendo Audisio morto all’interno del museo come ci è arrivato? Chi  gli ha aperto le porte?”.“ Lui…lui era già nascosto nel museo. Aveva una lettera con scritto l’appuntamento in una sala del museo. Io l’avevo fatto nascondere nel sottoscala…non me lo potrò mai perdonare…se solo mi avesse dato retta…”.“ Quindi è andato tranquillo all’appuntamento…sai se dopo averlo ucciso hanno trovato quello che cercavano, ovvero il papiro?”.Pratici rispose che non lo sapeva, ma stava mentendo. “ Tu sai dove possa averlo nascosto?”.Si alzò e di corsa usci dal bar, sapeva sicuramente dov’era ma aveva paura a parlare. Decisi, una volta arrivato in Questura, di mettere un collega a spiarlo per capire dove andava e se si incontrava con qualcuno.In ufficio telefonai a Farina riferendogli del papiro rubato, rispose che era impossibile una cosa del genere, lo pregai di andare a controllare immediatamente e di riferirmi.“ Berardi, avevo ragione io, il papiro è al suo posto. Non è stato rubato e posso confermarti che è l’originale”.Rimasi stupito a questa risposta, tutte le congetture sull’omicidio Audisio erano naufragate.   Il vento proveniente da nord est avvolgeva la città, si sentivano parecchie imposte sbattere violentemente contro le mura delle case. Uno squillo in piena notte interruppe il mio sonno. “ Commissario, sono Perino…mi trovo sul ponte Isabella, alcuni colleghi hanno notato un corpo riverso sulle sponde del fiume. Alcuni testimoni dicono di aver visto una macchina fermarsi, scendere delle persone  e di  gettare qualcosa dal ponte  per poi ripartire velocemente”.“ Arrivo subito, il tempo di vestirmi…ha dei documenti la presunta vittima?”.“ No, nulla”.Una ventina di minuti dopo ero sul luogo del presunto delitto, Perino mi indicò il morto. I testimoni sono una coppia che  erano seduti su una panchina,  un’agente li stava interrogando.Alzai il telo bianco che ricopriva il cadavere ed esclamai: “ Cristo santo…è Pratici!”.“ Lo conosce commissario?” mi domanda Perino.Esposi la chiacchierata fatta con lui nel pomeriggio: “ Tu eri impegnato a far la scorta a Farina, per questo non potevi saperlo”.“ Quindi l’hanno ammazzato perché ha parlato con lei?”.“ Oppure perché ha fatto il doppio gioco,  rimettendo a posto il papiro rubato”.Mi avviai verso la panchina dove si trovavano i testimoni, la coppia era sui trent’anni, stavano uscendo da un locale notturno quando videro l’auto fermarsi di colpo.“ Sono scese tre persone, una di loro controllava se arrivava qualcuno, gli altri due invece tenevano un grosso sacco, o almeno a noi pareva così” rispose l’uomo.          Domandai alla donna se anche a lei aveva avuto questa impressione, rispose di si.  “Erano lontani, questo si, ma qualcosa quei signori hanno buttato giù dal ponte, e solo quando ci siamo avvicinati abbiamo notato il corpo”.“ Deduco che siete ritornati nel locale per avvertire di quanto accaduto!”.“ Si, ma poi abbiamo avvistato una vostra auto che transitava da queste parti e l’abbiamo fermata” rispose l’uomo.“ Bene signori, grazie della vostra collaborazione. Mi spiace solo che purtroppo abbiate assistito a un delitto…un’ultima domanda, avete visto la targa dell’auto o almeno riconosciuto il modello?”.“ La targa no, il modello  mi pareva una Bugatti…si, direi che ne sono quasi certo”.Perino e io tornammo in ufficio, diedi ordine ad un collega di andare ad avvisare la moglie di Pratici.“ Perino, vedi se riesci a risalire se in città ci sono delle Bugatti…sperando che il modello sia quello giusto”.Telefonai a Farina mettendolo al corrente dei fatti avvenuti. Anche lui si era fatto l’idea che il Pratici avesse messo in atto un ricatto con i mandanti del furto.“ Indubbiamente l’hanno ucciso per il doppio gioco, e non per aver parlato con te”.“ Lo credo pure io caro Giulio, a questo punto dobbiamo capire  perché ha rimesso a posto il papiro”.Farina venne nel mio ufficio un po’ prima di pranzo, era bianco in volto. Mi porse un foglio, era l’ennesima minaccia: doveva lasciare il suo incarico, altrimenti avrebbero preso di mira la moglie.“ Che intenzioni hai?”.“ Non ho scelta…mi dimetto, Eleonora è troppo importante per me”.( Continua)